Nella valutazione del rischio geochimico gli elementi esposti sono la salute degli esseri viventi e gli ecosistemi in cui essi sono inseriti.

La disciplina che valuta il rischio geochimico è la Geochimica ambientale che studia la distribuzione e la mobilità degli elementi e dei composti sia di origine naturale presenti nel sistema Terra, ovvero nei mezzi disperdenti,

  • aria
  • acque sotterranee
  • acque superficiali
  • rocce e suoli

sia di origine antropica, ovvero concentrati da attività di estrazione oppure rilasciati nell’ambiente da attività industriale, che possono avere impatto sull’ambiente e presentare una certa tossicità per gli esseri viventi. Questa disciplina è in grado di fornire informazioni essenziali per la gestione ambientale, la pianificazione territoriale, nonché per la tutela della salute della popolazione e degli ecosistemi.

Nella valutazione del rischio geochimico ha un ruolo altrettanto importante la Geologia medica (o Geomedicina) che ha come obiettivo primario la comprensione del legame tra fattori geologico-ambientali e salute e studia per questo gli elementi chimici contenuti nelle rocce e nei minerali in differenti contesti geologici e geografici e di come questi possono venire in contatto con l’uomo (per ingestione, inalazione, ecc.).

Alcuni elementi chimici e sostanze naturali risultano tossici, ancor più quando vengono concentrati per processi naturali o per intervento antropico nei mezzi disperdenti. Così la Geochimica ambientale si occupa di individuare non solo le anomalie di quegli elementi e composti chimici che presentano tossicità, per certe concentrazioni stabilite, sia acuta che cronica – ovvero con effetti negativi sulla salute indotti dall’esposizione prolungata nel tempo a piccole dosi dell’agente contaminante che si accumula al livello biologico negli organismi viventi – sia anomalie negative dovute alla sottrazione all’ambiente e quindi dal normale ciclo biogeochimico, per cause naturali o antropiche, di elementi essenziali alla vita. E’ importante sottolineare che anche la mancanza di alcuni elementi utili per il nostro metabolismo costituisce un pericolo per la salute.

Il rischio geochimico non presentando, se non raramente, le caratteristiche di eccezionalità e tragicità degli eventi negativi che caratterizzano altre tipologie di rischio, determinati ad esempio da dissesti idrogeologici o da terremoti, non solo possiede scarsa visibilità mediatica, ma è anche di difficile valutazione.

Fra le sorgenti di rischio geochimico possiamo distinguere fra sorgenti naturali e sorgenti artificiali, ovvero di origine antropica.

Importanza di una valutazione di tipo geochimico nella salvaguardia dell’ambiente

Risulta evidente che le conoscenze di tipo geochimico del territorio e la valutazione del rischio geochimico rientrino nelle competenze di qualunque amministrazione e di chiunque si occupi di tutela ambientale e salute pubblica, sviluppo sostenibile e pianificazione territoriale.

La valutazione del rischio geochimico richiede un esame preliminare degli aspetti mineralogici e dei processi bio-geochimici operanti a vari livelli nei suoli e nei sedimenti, ed una attenta analisi dell’effettiva possibilità di trasferimento degli elementi tossici nelle falde acquifere e nelle acque di scorrimento superficiale e poi nella catena alimentare e quindi nell’acqua destinata al consumo umano.

La valutazione del rischio geochimico influenza la gestione del territorio in modo tale da imporre piani ed interventi sia dal punto di vista sanitario/ambientale che, conseguentemente, normativo (si consideri per esempio l’abbassamento nel 2001 del valore limite di As nelle acque potabili da 50 a 10 μg/l ope legis) . La mancanza di procedure codificate e carenze di competenze spesso ha comportato incertezze ed, in alcuni casi, la paralisi delle amministrazioni, in particolare nella gestione dei siti contaminati, laddove il superamento dei valori soglia di alcuni parametri non era dovuto ad impatto antropico ma a motivi di carattere geologico/geochimico.

Queste problematiche possono interferire con la gestione e con la pianificazione territoriale ed influiscono anche dal punto di vista economico pesando sulle amministrazioni.

Problematiche di definizione dei siti contaminati

Nella definizione dei siti contaminati dovrà essere un dato noto il background o fondo geochimico naturale (VF) (abbondanza naturale geogenica di un elemento) e nello stesso tempo accessibile per tutto il territorio in modo che i semplici valori soglia, attualmente usati come riferimento possano essere superati da valori sito-specifici.

Le amministrazioni in mancanza di dati di background disponibili sono spesso costrette ad azioni individuali per trovare valori di riferimento sito-specifici con notevole aggravio economico. D’altra parte il mancato studio dei valori di fondo geochimico naturale (VF) di elementi potenzialmente tossico/nocivi, con particolare riferimento agli elementi considerati nelle leggi che codificano le procedure di caratterizzazione e la bonifica di siti contaminati, può portare le amministrazioni competenti ad avviare azioni di rivalsa sui gestori di siti produttivi (industrie, discariche, ecc.) per l’adozione del piano d’intervento, senza che ciò sia effettivamente necessario.

E’ del tutto evidente l’importanza nelle problematiche legate ai siti contaminati della valutazione della mobilità e della bio-disponibilità nei suoli e quindi nelle acque  di un elemento considerato tossico poichè analizza la sua reale pericolosità.

Sulla base di questa valutazione si pianificano corrette azioni di bonifica che altrimenti potrebbero rivelarsi inutili o addirittura dannose.

Il successo della pianificazione di una bonifica si basa, più in generale, sulla qualità della
pianificazione, caratterizzazione e sulla significatività dei dati raccolti e quindi si deve strutturare la ricerca non sulla quantità di dati ma sulla qualità, non stabilendo un enorme numero di parametri, ovvero definendo l’intero set di elementi e sostanze previsto per legge, e quindi a scapito dell’economicità e della tempestività, ma ci si dovrà concentrare soltanto su alcune specie veramente significative.

Per diminuire i costi legati al numero di campioni, inoltre, dovrebbero essere sviluppate tecniche di misura in situ rapide, semplici e convenienti, che facciano arrivare solo pochi campioni alla validazione con le tecniche classiche da laboratorio.
Per le acque di falda, invece, un obiettivo è quello di esaminare le relazioni tra qualità e
quantità delle risorse idriche al fine di ottimizzare l’uso attuale delle risorse e individuare
fonti alternative idropotabili mediante nuovi approcci nella localizzazione e nel modo di
captazione di risorse idriche con contenuti dei contaminanti (di origine naturale) al di sotto del valore limite.
Di grande utilità sarebbe non solo la condivisione dei numerosi dati già esistenti ma anche la produzione di nuovi dati, sempre organizzati in database di facile accesso ed utilizzo e di carte geochimiche, a cui va riconosciuto lo stesso valore di quelle geologiche, geofisiche o topografiche.
Si raggiungerebbe così l’obiettivo di soddisfare l’esigenza, tipica delle fasi preliminari delle
attività di bonifica, di risposte attendibili e tempestive a costi accettabili, armonizzando le esigenze relative alla valutazione del rischio con quelle relative alla sua gestione.

Le sorgenti di rischio geochimico

I cicli biogeochimici creano disomogeneità nella distribuzione degli elementi presenti sulla Terra e questo caratterizza zone a concentrazione variabile sia in senso orizzontale che verticale. Elementi potenzialmente nocivi come As, Cd, Pb e Hg ecc., possono avere effetti dannosi dal punto fisiologico anche a basse concentrazioni, mentre altri elementi come Se, I, F, Fe, Zn, Cu, Cr, possono essere essenziali per gli organismi viventi o pericolosi a seconda della loro concentrazione, forma e biodisponibilità. Ad esempio, carenze di F nella dieta sono associate ad una debolezza dell’apparato dentale e delle ossa, mentre il suo eccesso, come nelle acque, può causare patologie anche gravi come la fluorosi. La carenza di iodio è in genere associata a problemi alla tiroide (gozzo), mentre quella di selenio è ritenuta responsabile di varie patologie.

Mentre è ben nota la tossicità di alcuni elementi sull’esposizione acuta e ad alte dosi, ancora poco si conosce circa la tossicità cronica per esposizione a basse dosi prolungate nel tempo, dal momento che queste interazioni sono estremamente complesse e difficili da valutare. Tuttavia, OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, UNESCO e Commissione UE) sono intervenute con l’obbiettivo di attenuare il rischio geochimico, attraverso misure preventive.

Molti degli elementi di interesse tossicologico vengono mobilizzati selettivamente in particolari contesti geologici, quali aree vulcaniche attive, aree geotermiche, giacimenti minerari (metalli, carbone, idrocarburi), zone di degassamento dai suoli.

Uno strumento di gestione e pianificazione del territorio che, a partire dagli anni ’60, ha assunto sempre maggiore importanza non solo per la valutazione e l’attenuazione del rischio geochimico è quello della cartografia geochimica ambientale consistente nella realizzazione di mappe di distribuzione spaziale di contaminanti geogenici nelle diverse matrici ambientali. 

La considerazione che l’uso di un generico valore soglia (come quelli dettati spesso dalla normativa), unico per tutto il territorio di un Paese, per definire la contaminazione di un sito, può non essere adeguato. Sarebbe più corretto farlo in considerazione della variabilità locale del territorio. La determinazione di questi valori sogli ovviamente interferisce con la gestione e la pianificazione territoriale, a volte creando incertezze nella definizione stessa di contaminazione e se si pensa agli ingenti investimenti che richiede la sola fase di caratterizzazione di un sito contaminato, diventa chiaro quanto rilevante sostenere le conoscenze geochimiche del territorio.

Sorgenti di rischio geochimico

Sorgenti naturali di rischio geochimico

Possiamo distinguere le sorgenti naturali di rischio geochimico in:

  • sorgenti di rischio connesse all’attività vulcanica
    • emissioni vulcaniche dirette di gas e areosol
    • processi di degassamento terrestre (CO2)
  • sorgenti di rischio connesse a emissioni naturali di gas di origine non vulcanica
    • da serbatoi naturali di gas di origine organica (metano, CO2, H2S,  ecc. )
    • da serbatoi naturali di gas che si formano in cavità carsiche (CO2, H2S)
    • processi di degassamento terrestre (CO2)
  • sorgenti di rischio connesse all’emissione di radiazioni ionizzanti naturali
    • rocce contenenti grandi concentrazioni di minerali radioattivi (U, Th)
    • rocce che sprigionano radon naturale
  • sorgenti di rischio connesse ad alte concentrazioni di elementi tossici in suoli, acque superficiali o sotterranee, aria

Sorgenti di rischio geochimico di origine antropica

  • sorgenti connesse all’attività estrattiva di idrocarburi
    • emissione di gas nel punto di estrazione di petrolio e metano (H2S, CH4, CO, ecc.)
    • sorgenti connesse all’attività estrattiva in cave e miniere
  • sorgenti connesse all’attività industriale
    • rilascio nell’ambiente di elementi e composti tossici
    • sottrazione di elementi essenziali per la vita degli ecosistemi naturali e per l’uomo
  • sorgenti connesse allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e radioattivi

Strumenti per la valutazione del rischio geochimico

L’analisi delle pericolosità e la valutazione dei rischio geochimico, per la pianificazione e la gestione del territorio e delle emergenze, richiede studi:

  • stratigrafico-sedimentologici
  • geologico-strutturali
  • geomorfologici
  • idrogeologici
  • vulcanologici
  • geochimici
  • geofisici e geotecnici

a scala regionale e di sito. La ricerca attuale, anche per mitigare i rischi geo-ambientali, si avvale di metodologie tipiche dell’ingegneria strutturale e della pianificazione e sostenute dalle tecnologie informatiche.

Linee guida per la determinazione dei valori di fondo (VF)

Elaborazione del modello concettuale (MC)

Il modello concettuale consiste nella descrizione delle caratteristiche naturali del sito, sorgentipercorsi di migrazione e destino dei contaminanti ed i bersagli, che riassume l’interazione tra lo stato di contaminazione delle matrici ambientali e l’ambiente naturale e/o costruito.

Il MC costituisce l’elemento centrale del procedimento per la determinazione dei VF a partire da un dato scenario e costituisce la chiave in base alla quale sono organizzati, trasformati, elaborati ed interpretati i dati che costituiscono il database (DB). La relazione fra MC e DB è dinamica, nel senso che l’analisi dei dati, anche attraverso rappresentazioni grafiche, può rafforzare o confutare il MC, anche imponendo una normale revisione di quest’ultimo. Una volta verificata la coerenza fra MC e DB, l’utilizzo degli strumenti statistici e/o geostatistici consente di completare il percorso per la determinazione dei VF.
Il MC restituisce la relazione fra le sorgenti, i processi di migrazione, trasformazione e destinazione dei potenziali contaminanti e distribuzione delle sostanze di interesse. L’elaborazione di un MC rigoroso risulta fondamentale sia per il fondo naturale (VFN) sia per il fondo antropico (VFA) e dovrà essere basata sull’individuazione degli analiti di interesse, delle potenziali sorgenti, e di tutti i fattori chimico-fisici e ambientali che regolano la loro distribuzione. Dovrà essere ben definito il contesto ambientale analizzato per l’area di interesse, acquisendo di volta in volta e a scala opportuna tutti gli elementi conoscitivi disponibili (inclusi specifici dati e studi pregressi).

Determinazione dei tenori di fondo 

In qualsiasi analisi di rischio si  dovrà arrivare quindi a definire, a scala regionale e locale, i tenori di fondo naturale (VFN) (o background), i valori di fondo antropico diffusi (VFA) ed i valori attuali (VR) (o baseline) per gli elementi presin consdierazione nelle analizzati, unitamente ai livelli di radiazione naturale indotta da materiali di origine vulcanica in ambienti confinati e in contesto sub-aereo incluso la stima del potenziale geologico del radon per poter sviluppare modelli stocastici di valutazione del rischio a scala regionale in considerazione della variabilità dell’uso del territorio e delle caratteristiche specifiche della popolazione esposta.

Valore di fondo naturale (VFN) 

Caratteristiche statistiche rappresentative del fondo naturale, ovvero della distribuzione di una sostanza nelle matrici ambientali (suolo, sottosuolo materiale lapideo e acque sotterranee) derivante dai processi naturali (geochimici, biologici, idrogeologici naturali), con eventuale componente antropica non rilevabile o non apprezzabile.

La determinazione dei VFN dovrebbe interessare in via teorica le sole sostanze naturalmente presenti nel contesto ambientale in esame. In molti casi non sempre è possibile individuare la presenza di un contributo antropico diffuso che si sovrappone a quello naturale.
Operativamente la determinazione dei VFN sarà limitata alle sostanze che possono avere un’origine naturale (es. metalli, semi-metalli e, in alcuni casi, certe sostanze organiche). Inoltre, al fine di minimizzare l’interazione con sostanze/processi antropici, per la definizione dei VFN viene raccomandato di valutare l’opportunità di escludere  all’elaborazione statistica le osservazioni che mostrano evidenze di impatto antropico (es. presenza di contaminanti di chiara origine antropica).

Valore di fondo di antropico (VFA)

Caratteristiche statistiche rappresentative del fondo antropico, ovvero della distribuzione di una sostanza nelle matrici ambientali (suolo, sottosuolo, materiale lapideo e acque sotterranee) derivante dai processi naturali (geochimici, biologici, idrogeologici), e da sorgenti antropiche diffuse. Per un dato contesto storico ambientale detta distribuzione rappresenta lo stato più indisturbato possibile rispetto a sorgenti localizzate, potenziali
o attuali, anche esterne, che impattano sul territorio in esame.

La definizione dei VFA interesserà le sostanze derivate dalla sommatoria dei processi naturali e di quelli antropici legati a sorgenti diffuse. Massima cura dovrà essere posta all’identificazione di eventuali sorgenti puntuali situate all’interno o all’esterno rispetto all’area di interesse. L’influenza di queste sorgenti deve infatti essere riconosciuta ed esclusa in quanto non riconducibili né al fondo naturale né al fondo antropico.

Baseline 

Distribuzione di una sostanza nelle matrici ambientali derivante dai processi naturali, e/o da sorgenti antropiche diffuse e/o da sorgenti antropiche puntuali esterne ed estranee al contesto di potenziale contaminazione in esame. Essa costituisce un riferimento in base al quale valutare determinati fenomeni di contaminazione. Si tratta del livello di contaminazione di riferimento a partire dal quale sono valutati ulteriori fenomeni di
contaminazione e non necessariamente è identificabile con un fondo naturale od un fondo antropico. La valutazione di una baseline ha particolare significato nell’ambito dei siti contaminati, allorquando, a prescindere dall’origine (naturale, antropica diffusa, antropica puntuale) viene valutato il carico di contaminati all’ingresso (monte idraulico) di un dato sito, che costituisce lo “zero” e il carico di contaminanti in uscita (valle idraulica). La differenza costituisce il carico di contaminazione ascrivibile al sito.

Concentrazione rilevata

E’ la concentrazione di un contaminante misurata in campo e può essere data da quattro componenti, non tutte necessariamente presenti, derivanti da sorgenti:

  • naturali
  • antropiche diffuse
  • antropiche puntuali in sito
  • antropiche puntuali extra sito

L’individuazione di queste componenti, si basa principalmente sul MC del sito risultato quindi di un’attenta analisi delle caratteristiche del territorio (aspetti geologico-idrogeologici, pressioni antropiche, nonché di eventuali indagini pregresse).

La determinazione di VFN e VFA può concorrere a “separare” alcune di queste componenti e costituisce un elemento fondamentale per la gestione operativa dei temi ambientali connessi.

Determinazione dei valori di fondo nei suoli e nelle acque sotterranee 

La determinazione dei valori di fondo (VF) nei suoli e nelle acque sotterranee è più volte richiamata dalla normativa ambientale italiana (vedi T.U. Ambiente – D.lgs. n. 152/2006) in quanto essi possono costituire dei valori di riferimento da cui dipende la gestione operativa delle matrici ambientali interessate. Gli ambiti considerati per la determinazione e l’applicazione dei VF nei suoli e nelle acque sotterranee, così come richiamati nella normativa, comprendono:

  • terre e rocce da scavo
  • siti contaminati
  • piani di gestione dell’inquinamento diffuso
  • protezione dei corpi idrici sotterranei dall’inquinamento e dal deterioramento

Criteri di acquisizione, elaborazione e gestione dei dati finalizzati alla determinazione dei valori di fondo per suoli ed acque sotterranee, in funzione delle specifiche finalità (linee guida)

Il sistema delle agenzie ARPA, nell’applicazione dei principi e delle procedure per la determinazione dei valori di fondo svolge un ruolo primario sia per le qualificate e specifiche competenze sia per la garanzia di terzietà che esso fornisce, in particolare per le seguenti attività:

  • raccolta di dati o la conduzione di specifici studi su porzioni o sull’intero territorio regionale e la definizione di aree omogenee per valori di fondo naturale/antropico a cui sono assegnati specifici valori di fondo, per determinati elementi o composti, che costituiscono riferimento tecnico prioritario per qualsiasi ulteriore considerazione e valutazione (anche per considerazioni legate alla sostenibilità economica degli interventi va attentamente valutata la necessità di eseguire ulteriori indagini in presenza di un quadro conoscitivo già disponibile presso le ARPA)
  • controllo in contradditorio di eventuali indagini condotte per iniziativa di soggetti privati allo scopo di determinare il valore di fondo naturale/antropico per determinati elementi o composti in un’area delimitata.

Ambiti di applicazione

La gestione delle matrici investigate nei quattro contesti precedentemente identificati, richiede che esse siano definite in uno specifico livello qualitativo, ovvero se esse siano riconducibili a condizioni di:

  • naturalità (per cui si valutano i VFN)
  • inquinamento diffuso (per cui vengono valutati i VFA)
  • contaminazione puntuale (per cui si valuta il surplus rispetto ai VF)

I VFN individuano il confine fra matrici ambientali non impattate (significativamente) da sorgenti antropiche (campo verde) e matrici impattate da sorgenti diffuse (campo giallo) o puntuali (campo rosso).

I VFA, insieme a considerazioni sito-specifiche costituiscono elementi dell’ MC (es. distribuzione spaziale, analisi isotopiche, fingerprint, ecc.). Questi VFA possono essere di ausilio nell’individuazione di eventuali sorgenti puntuali che insistono su un’area già impattata da sorgenti diffuse. Evidentemente nel caso di sostanze riconducibili (almeno ordinariamente) ad attività antropiche (es. BTEX, solventi clorurati), si farà riferimento
ai soli VFA.

Il concetto di Contaminazione

La contaminazione è definita come qualsiasi alterazione (diretta o indiretta) delle matrici ambientali indotta dall’attività antropica, a prescindere dalle concentrazioni di riferimento. Pertanto lo stato di contaminazione è sempre riferito ad uno stato naturale (quantificabile attraverso i VFN). Dal punto di vista normativo il concetto di contaminazione di una matrice ambientale è, tuttavia, invece piuttosto articolato ed è funzione del contesto. Con particolare riferimento alle matrici suolo e sottosuolo in funzione dello stato contaminato/non contaminato dipendono anche le possibilità di gestione (es. riutilizzo) delle matrici coinvolte. Il riferimento ai VFA è relativo al solo ambito del procedimento di bonifica (titolo V, parte IV del TUA), in tutti gli altri casi il riferimento è costituito dai VFN.

Sorgenti antropiche diffuse (SAD) e puntuali (SAP)

La contaminazione che deriva da sorgenti antropiche diffuse (SAD), di per sé non individua soggetti responsabili della contaminazione, ma risulta ascrivibile ad una collettività indifferenziata, cui spetta anche l’onere di gestirla (es. attraverso i piani di inquinamento diffuso ai sensi dell’art. 239 del TUA). La contaminazione derivata da sorgenti antropiche puntuali (SAP) dovrebbe invece sottintendere il riconoscimento di soggetti responsabili della contaminazione che avranno l’onere di gestirla nel rispetto di quanto disposto dall’art. 242 e s.s. (TUA) per cui “chi inquina paga”.
La componente legata a sorgenti antropiche puntuali non può quindi essere considerata ai fini della  determinazione dei VFA. In molti casi non è facile discriminare il contributo delle SAP da quelle diffuse. Elementi utili a tal proposito sono ad esempio:

  • il censimento e l’analisi delle sorgenti antropiche note (SAD e SAP) presenti e passate che insistono o hanno insistito sull’area di interesse
  • l’analisi dei dati, qualora siano evidenziati dai valori anomali (outlier) fra quelli che costituiscono il campione statistico rappresentativo del fondo. Tali valori potrebbero evidenziare la vicinanza (nello spazio o nel tempo se ci si riferisce alla acque sotterranee) di una SAP
  • indagini specifiche (speciazione, indagini isotopiche ecc.)
  • più in generale l’analisi spaziale dei dati, soprattutto qualora sia evidenziata la presenza di gradienti riconducibili a SAP. Via via che ci si allontana dalla zona di influenza della sorgente puntuale questi gradienti possono tendere a zero o a un gradiente “regionale” caratteristico del VFN o VFA.

Riguardo all’ultimo punto si deve tuttavia considerare che la possibilità di discriminare, con metodi geostatistici, la distribuzione di un contaminante generata da una SAP da quella generata da una SAD, è anche funzione della strategia e della scala di campionamento;
di qui la rilevanza del MC o di eventuali indagini ad hoc (es. isotopia, fingerprint) per determinare l’apporto delle sorgenti puntuali e diffuse che insistono sullo stesso territorio.

Procedure per la determinazione e la gestione dei VF

In ogni procedura di determinazione e gestione dei VF, dopo aver definito gli obbiettivi dello studio, si possono individuare le seguenti fasi:


*** SEZIONE IN COSTRUZIONE ***

Programmazione ed acquisizione ed analisi preliminare dei dati

Sui dati esistenti in questa fase si effettua la:

  • raccolta e sistematizzazione finalizzate alla ricostruzione del MC (anche in forma preliminare)
  • organizzazione del database con trattamento delle osservazioni con valori inferiori al limite di rilevabilità e applicazione dei criteri di esclusione dal dataset
  • analisi spaziale utile allo sviluppo di un modello preliminare del fondo (se opportuno)

Obbiettivi e limiti (vedi schema A1 e B1)

In questa fase si dovrà tenere in considerazione:

  • il dimensionamento dello studio poichè da esso dipenderanno le risorse (tempo, lavoro, denaro) e quindi il livello di approfondimento delle informazioni da raccogliere
  •  il MC
  • la completezza del database

In questa fase si procederà a:

  • individuare i contaminanti oggetto dell’indagine, ovvero le specie di cui si vuole definire il VF, ma anche eventuali altri parametri rilevanti ai fini della definizione dello stesso
  • definire i limiti spaziali e temporali dello studio, in relazione alle finalità e al contesto ambientale
  • definire il livello di approfondimento dello studio anche in funzione del grado di accettabilità degli errori decisionali; questo aspetto può sostenere o meno alcune scelte operative
  • individuare la tipologia di descrittore del fondo (parametri statistici, curva di distribuzione, modello geostatistico) che sarà funzione dell’ambito specifico e delle modalità con cui si intende gestire i risultati.

Definizione del modello concettuale (vedi schema A2 e B2)

Il MC costituisce il quadro conoscitivo dell’area ed ha lo scopo di  individuare i fattori (sorgenti e processi) che determinano la distribuzione spazio-temporale dei parametri di interesse. Esso contiene, anche elementi interpretativi e relazionali che consentono di spiegare la dinamica del sito in relazione alla presenza delle sostanze di interesse nelle matrici ambientali. Il MC guida e sostiene alcune scelte durante la procedura della  determinazione dei VF e dovrà essere modificato o integrato qualora l’analisi dei dati metta in evidenza fenomeni non coerenti.
La formulazione di un modello concettuale efficace, anche nella sua forma preliminare, deve tener conto delle seguenti informazioni:

Ricostruzione dell’assetto geologico, geochimico ed idrogeologico dell’area di studio

Nell’ambito della definizione del  MC è necessario definire un modello ambientale che sintetizzi natura, “geometria” ed interazioni delle matrici ambientali oggetto della determinazione del fondo e che pertanto, a secondo del contesto e delle matrici di riferimento avrà connotati specifici.

In particolare, qualora i VF siano determinati per la matrice suolo/sottosuolo, le informazioni necessarie includeranno a titolo indicativo e non esaustivo:

  • litologia (Carta geologica)
  • caratteristiche e variabilità del suolo (Carta dei suoli)
  • aree d’accumulo e di erosione, unità fisiografiche (Carta geomorfologica)
  • composizione geochimica dei terreni (Carta geochimica, Reti di monitoraggio, Archivio geochimico nazionale, FOREGS Geochemical Baseline Mapping Programme).

Per i VF da determinare nelle acque di falda, le informazioni utili comprendono:

  • identificazione e delimitazione spaziale degli acquiferi, in particolare definire se trattasi di acquiferi liberi o confinati, (attraverso la ricostruzione dell’assetto stratigrafico, sezioni geologiche interpretative), verificando prioritariamente le informazioni disponibili nei Piani di Gestione dei Distretti Idrografici;
  • aree di ricarica, direzioni di deflusso delle acque sotterranee e gradiente idraulico (andamento della superficie piezometrica) e loro variazioni nel tempo (oscillazioni stagionali, variazioni connesse alle maree in aree costiere, presenza di prelievi consistenti in grado di deviare localmente il deflusso idrico sotterraneo)
  • definizione dei parametri idrogeologici (trasmissività, immagazzinamento, permeabilità)
  • vulnerabilità intrinseca degli acquiferi, soggiacenza della falda, possibili interazioni fra falde sovrapposte e fra falda e corpi idrici superficiali (fiumi, laghi, mare)
  • identificazione delle facies idrochimiche delle acque oggetto dello studio e analisi di dati isotopici per l’origine e l’età delle acque
  • stato qualitativo delle acque desunto da studi preesistenti, oltre che da relazioni di analisi conoscitiva ed altra documentazione tecnica allegate a Pianificazione regionale e di Gestione distrettuale delle Acque
  • parametri chimici e fisici (es. pH, Eh, T, ossigeno disciolto, conducibilità elettrica) che influenzano la diffusione ed il trasporto delle specie chimiche di interesse
  • valutazione dello stato qualitativo e quantitativo del CIS.

Nel caso di studi sulle acque sotterranee, lo sviluppo del MC e le successive fasi di elaborazione dati e gestione dei risultati possono avvalersi delle tecniche di modellazione geochimica (es. PHREEQC; Parkhurst e Appelo, 1999). Note le fasi mineralogiche che costituiscono le litologie dell’acquifero o di porzioni di esso, la modellazione diretta, in funzione di scenari basati sui dati di campo o di condizioni al contorno opportunamente selezionate compatibili con lo scenario in esame, fornisce stime dei valori di concentrazione degli elementi/composti di interesse disciolti in acqua. Ciò permette di modellare un livello di “concentrazione” teoricamente atteso che costituisce un riferimento per i valori effettivamente riscontrati.

La ricostruzione dell’assetto geologico, geochimico ed idrogeologico dell’area di studio dovrà essere presentata mediante relazioni ed elaborazioni grafiche.

Valutazione delle pressioni antropiche attuali e storiche

Con lo scopo di assumere le informazioni necessarie sulle pressioni, che nel passato o nel presente, direttamente o indirettamente, possono aver impattato le matrici ambientali di interesse saranno valutati:

  • ubicazione, estensione e tipologia delle sorgenti attive o potenziali, attuali o storiche, presenti nell’area in studio ovvero all’esterno, ma con potenziale impatto sull’area in esame (analisi di ortofoto anche storiche, carte tecniche regionali, carte dell’uso del suolo)
  • profondità delle sorgenti di contaminazione rispetto alla superficie topografica e alla superficie piezometrica
  • identificazione di eventuali marker associabili a distinte sorgenti di contaminazione
  • i parametri ambientali e le caratteristiche chimico-fisiche dei parametri in esame che regolano la diffusione ed il trasporto delle specie chimiche di interesse.

Utilità della definizione del MC

La ricostruzione dell’assetto geologico, geochimico ed idrogeologico dell’area di studio attraverso la valutazione delle matrici ambientali indagate e delle pressioni antropiche fornisce gli elementi necessari all’identificazione dei punti di indagine idonei. E’ importante quindi che nella fase preliminare il MC venga elaborato prima di condurre l’attività di campo in modo da guidare la definizione delle indagini.

Le informazioni contenute nel MC saranno utilizzate per caratterizzare le sorgenti naturali, evitando se è possibile le interazioni con la contaminazione (diretta, o indotta) legata alle attività antropiche prestando particolare attenzione a tutti quei fenomeni naturali che mostrano un’elevata capacità di modificare in maniera sensibile le caratteristiche chimiche delle matrici ambientali indagate. MC fornisce una chiave interpretativa delle caratteristiche del campione analizzato fornendo il grado di affidabilità delle conclusioni (valori ed interpretazioni) dello studio.
Il MC, in conclusione, oltre a valutare le pressioni antropiche e le caratteristiche geologiche, geochimiche ed idrogeologiche dell’area di studio, dovrebbe, nella sua forma definitiva, essere in grado di individuare i fattori che controllano, nello spazio e nel tempo, la distribuzione dei parametri di interesse nelle matrici ambientali.
I fattori così individuati saranno un elemento portante:

  • a priori nella trattazione statistica dei dati, poiché in base ad essi saranno raggruppate le osservazioni che risentono in maniera più significativa dei fattori individuati
  • a posteriori dell’analisi statistica perché agli eventuali gruppi di osservazioni individuati dai metodi statistici (cioè  l’individuazione di popolazioni ritenute statisticamente differenti) possa essere assegnato un significato fisico.

Progettazione e realizzazione del piano di campionamento ed analisi (vedi schema  A3, B3)

SCHEMA A3

Qualora nello studio del fondo fosse necessario ricorrere a dati integrativi o da acquisire ex novo, si dovrà pianificare un accurato piano di indagini che indichi chiaramente, sulla base degli obiettivi dello studio e di un modello concettuale anche preliminare:

  • ubicazione dei punti di campionamento
  • procedure di campionamento
  • lista dei parametri da determinare
  • pianificazione di indagini su scala temporale
  • metodi analitici di laboratorio.

Gli elementi specifici per lo sviluppo di questa eventuale fase per suolo/sottosuolo, materiale lapideo, acque sotterranee, sono riportati di seguito.

Per la determinazione dei VF per i terreni finalizzati al confronto con le concentrazioni
riscontrate in un sito potenzialmente contaminato, le indagini (All. 2, parte IV, titolo V, TUA)  saranno riferiti alle medesime litologie e profondità indagate nel sito e i campioni saranno generalmente puntuali. Viceversa qualora l’obiettivo sia valutare i VFA, comprendendo quindi la componente di sorgenti diffuse, le indagini saranno preferenzialmente riferite al top soil o allo spessore di terreno agricolo, e in funzione della dimensione dell’area da indagare potranno essere previsti campioni compositi. La ricorrenza della valutazione dei VFN o dei VFA in funzione delle matrici nei diversi ambiti è riassunta nella seguente tabella

Ricorrenza della determinazione di VFN o VFA nelle matrici ambientali in relazione agli ambiti normativi considerati. (1) Rare in quanto ci si attende che rare siano le situazioni reali che abbiano portato ad una contaminazione diffusa nel sottosuolo (2) Fatta salva la verifica della conformità dell’eluato dei materiali di riporto costituenti le TRS, ai VFN delle acque sotterranee, (ex art.4, c. 3 del DPR 13 giugno 2017 n. 120).

 

SCHEMA B3

Nell’ambito delle procedure da applicare per la determinazione dei VFN nell’ambito dei corpi idrici sotterranei dall’inquinamento e dal deterioramento. il piano di campionamento, sempre progettato sulla base del MC prevede:

  • l’individuazione delle stazioni di campionamento (pozzi/piezometri, sorgenti) ubicate in zone idonee e con caratteristiche adeguate alla caratterizzazione del sistema in studio. Qualora fosse necessario realizzare nuovi punti, la loro ubicazione e modalità costruttive  saranno anch’esse guidate dal MC;
  • eventuali ulteriori campagne di monitoraggio delle stazioni di campionamento precedentemente individuate, finalizzate ad individuare la variabilità legata alle naturali oscillazioni temporali naturali
  • l’eventuale prelievo di campioni replicati, di “campioni ciechi”, di bianco di campo al fine di verificare l’affidabilità delle procedure di campionamento, conservazione ed analisi del campione.

Procedure di campionamento delle acque sotterranee

Relativamente alle acque, per rispettare i criteri di rappresentatività e riproducibilità dei dati prodotti le analisi chimiche devono essere effettuate sul campione filtrato  possibilmente in campo). Qualora le indagini ex novo vadano ad integrare un set di dati sui quali non è stata eseguita la filtrazione del campione, si potrà valutare di eseguire le analisi sia sul filtrato sia sul tal quale al fine di meglio interpretare i dati pregressi e di verificare l’opportunità di impiegarli per la determinazione dei VFN. Per ulteriori dettagli circa le modalità di campionamento e conservazione del campione si veda IRSA-CNR 2017.

Parametri minimi da determinare.

I parametri minimi da acquisire nelle campagne di campionamento delle acque comprendono:

  • parametri chimico-fisici: temperatura, potenziale redox, conducibilità elettrica, pH, ossigeno disciolto (da effettuarsi in campo)
  • ioni maggiori: sodio, potassio, calcio, magnesio, cloruri, solfati, bicarbonati
  • potenziali indicatori di impatto antropico (es. nitrati, ione ammonio, idrocarburi) scelti in funzione delle problematiche sito-specifiche e finalizzati a verificare le condizioni inalterate del sistema
  • analiti di interesse per la determinazione dei VFN.

In funzione della complessità sito specifica potranno essere acquisite ulteriori informazioni geochimiche (es. elementi in tracce, analisi isotopiche, ecc).

Metodi analitici

Per tutti gli analiti da determinare, dovranno essere utilizzati metodi di analisi ufficialmente riconosciuti e facenti riferimento alle più avanzate tecniche di impiego generale.


Analisi preliminare dei dati (vedi schema  A4, B4)

Validazione dei dati analitici ed applicazione dei criteri di esclusione. 

SCHEMA A4

In funzione degli obiettivi del lavoro e dello scenario di riferimento, può risultare opportuno applicare dei criteri di esclusione dei dati dal procedimento di determinazione dei VF, in particolare al ricorrere di talune condizioni e per determinate osservazioni:

  • nel caso in cui l’obiettivo sia costituito dalla determinazione dei VFN potrebbero essere escluse le osservazioni con concentrazione di contaminanti organici maggiore del LOD (Limite di quantificazione) o di un altro riferimento. In tali circostanze infatti sarebbe conclamata una significativa componente antropica (diffusa, puntuale) che potrebbe, in misura non nota, avere effetti, diretti o indiretti, anche sulla distribuzione dei parametri di interesse di origine naturale(es. metalli, semimetalli);
  • le osservazioni afferenti a serie storiche molto datate che potrebbero non risultare più rappresentative dello stato attuale del sistema in studio (con particolare riferimento alle acque sotterranee o al suolo qualora siano intervenute mutazioni nella sua reale destinazione d’uso)
  • le osservazioni che non danno sufficienti garanzie circa la bontà dell’analisi (ad es. laboratorio non accreditato) o, nei casi in cui necessita un maggior rigore, che non siano state validate dall’ente preposto.

Nei casi in cui i dati a disposizione afferiscono a campagne diverse condotte da soggetti diversi, dovrà essere valutata in via preliminare la “confrontabilità” dei set di dati (es. ricorrendo a test statistici sull’uguaglianza della media o mediana, e, per le acque sotterranee, diagrammi di Piper e caratterizzazione isotopica per le acque sotterranee). Qualora non sia possibile stabilire, su base statistica, questa “confrontabilità” e/o in
mancanza di informazioni circa la qualità delle indagini (campionamento e attività di laboratorio) saranno privilegiati i set di dati validati dall’ente preposto.
Per le acque sotterranee potrà anche essere valutato il bilancio ionico condotto sulle specie ioniche maggiori (solitamente K+, Na+, Mg2+, Ca2+, Cl-, SO42-, HCO3, NO3). Ordinariamente si ritiene accettabile uno scarto del bilanciamento ionico inferiore al 10% (Appelo e Postma 1993 per il 5% e BRIDGE per il 10%). I dati ritenuti poco affidabili sono eliminati dal DB.

Trattamento dei valori minori di LOD o LOQ

Le concentrazioni di alcuni parametri possono risultare inferiori al limite di rilevabilità (Limit of Detection, LOD) o di quantificazione (Limit of Quantification, LOQ) del metodo analitico con il quale sono stati analizzati. I metodi con cui si trattano queste osservazioni sono funzione del tipo di distribuzione che caratterizza la popolazione, della percentuale con cui essi si registrano nel data set, e della variabilità dei limiti di rilevabilità associati ai dati. In prima istanza si ritiene opportuno associare alle osservazioni <LOD o <LOQ un valore di concentrazione pari a metà del corrispondente limite ( ½ LOD, ½ LOD). Ai fini pratici si
ricorda che:

  • i LOD sono comunemente inferiori di 10 volte le CSC ed i valori di LOQ sono circa pari a 3 volte LOD
  • le modalità di trattamento dei valori <LOQ, <LOD incidono sulla “coda” sinistra della distribuzione (valori bassi), mentre la determinazione dei descrittori del fondo interessa sostanzialmente la parte destra della distribuzione. Pertanto, soprattutto quando il numero dei valori <LOQ, <LOD è limitato (es. 15% del data set) i criteri di
    sostituzione con valori di LOD, 1/2 LOD o pari a 0 è solitamente ininfluente ai fini del risultato finale dello studio (sezione B2 Allegato B).

SCHEMA B4

Nell’analisi preliminare dei dati durante le campagne di analisi per la determinazione dei VFN in corpi idrici sotterranei sono importanti le seguenti fasi:

  • validazione – Viene valutata l’affidabilità delle procedure di campionamento, conservazione ed analisi del campione sulla base degli esiti dei campioni replicati, o “ciechi”, o di bianco di campo. Un altro criterio consiste nel valutare il bilancio ionico condotto sulle specie ioniche maggiori (solitamente K+, Na+, Mg2+, Ca2+, Cl-, SO42-, HCO3-, NO3-). Ordinariamente si ritiene accettabile uno scarto del bilanciamento ionico inferiore al 10% (Appelo and Postma (1993) per il 5% e BRIDGE (2009) per il 10%). I dati ritenuti poco affidabili sono eliminati dal DB.
  • trattamento dei valori minori di LOD, LOQ – Le concentrazioni di alcuni parametri possono risultare inferiori al limite di quantificazione (LOQ) o al limite di rilevabilità (LOD) del metodo analitico con il quale sono stati analizzati. Il trattamento di queste osservazioni è funzione del tipo di distribuzione che caratterizza la popolazione, della percentuale con cui esse si registrano nel dataset e della variabilità dei LOD e LOD associati ai dati. In prima istanza si ritiene opportuno associare alle osservazioni <LOQ o <LOD un valore di concentrazione pari rispettivamente a ½LOQ e ½ LOD.

Individuazione dei fattori che controllano la distribuzione dei parametri di studio

SCHEMA A5

Qualora un parametro di cui si vuole determinare il VF mostri evidenti correlazioni con le caratteristiche litologiche dei terreni o con le caratteristiche chimico fisiche delle acque campionate, o ancora con la profondità di campionamento o con l’uso del suolo, sarà opportuno suddividere le osservazioni inerenti quel parametro in dataset distinti da elaborare separatamente e all’interno dei quali dette caratteristiche siano sostanzialmente omogenee. Nelle situazioni più complesse, e se il set di dati ha una certa consistenza, si
possono adottare metodi di statistica multivariata (cluster analysis, analisi in componenti principali, ecc.).
Con particolare riferimento alle acque di falda potranno essere distinti ed elaborati separatamente i dati afferenti a facies idrochimiche ossidanti da quelli afferenti a facies riducenti, riconosciute sulla base delle misure condotte in campo del potenziale redox e dell’ossigeno disciolto, soprattutto nel caso della determinazione de VF di elementi redox-sensibili (es. As, Mn, Fe).
Analogamente possono essere separati set di dati ascrivibili a facies idrochimiche distinte, sulla base della chimismo principale: (K+, Na+, Mg2+, Ca2+, Cl-, SO42-, HCO3, NO3
., da rappresentare tramite diagrammi di
Piper o similari), della salinità o altri parametri da valutare in base al modello concettuale.

SCHEMA B5

Individuazione di facies idrochimiche

Qualora un parametro di cui si vuole determinare il VFN mostri evidenti correlazioni con le caratteristiche chimico fisiche delle acque campionate sarà opportuno suddividere le osservazioni inerenti quel parametro in dataset distinti da elaborare separatamente e all’interno dei quali dette caratteristiche siano sostanzialmente omogenee. Nelle situazioni più complesse, e se il set di dati ha una certa consistenza, si possono adottare metodi di statistica multivariata (cluster analysis, analisi in componenti principali, ecc.)
Pertanto, con particolare riferimento alla definizione dei VFN di elementi redox-sensibili (es. As, Mn, Fe) potranno essere distinti ed elaborati separatamente i dati afferenti a facies idrochimiche ossidanti da quelli afferenti a facies riducenti, riconosciute sulla base delle misure condotte in campo del potenziale redox e dell’ossigeno disciolto.
Analogamente possono essere separati set di dati ascrivibili a facies idrochimiche distinte, sulla base della chimismo principale: (K+, Na+, Mg2+, Ca2+, Cl, SO42-, HCO3, NO3, da rappresentare tramite diagrammi di Piper o similari), della salinità o altri parametri da valutare in base al modello concettuale.

Aggiornamento del MC (vedi schema  A6, B6)

SCHEMA A6

L’individuazione dei fattori che controllano la distribuzione dei parametri in studio e le successive elaborazione dei dati anche su base statistica, potranno ulteriormente affinare le conoscenze sul sistema in esame con particolare riferimento ai fattori che presiedono alla distribuzione, nel tempo e nello spazio dei parametri di interesse. In tale evenienza sarà opportuno procedere all’aggiornamento del modello concettuale.

SCHEMA B6

L’analisi preliminare dei dati, l’individuazione di eventuali facies idrochimiche che caratterizzano il CIS, e le successive elaborazione dei dati anche su base statistica, potranno ulteriormente affinare le conoscenze sul sistema in esame con particolare riferimento ai fattori che presiedono alla distribuzione, nel tempo e nello spazio dei parametri di interesse. In tale evenienze sarà opportuno procedere all’aggiornamento del modello concettuale.

 


Analisi dei dati

I dati afferenti al/I  parametro/i di interesse sono “processati” ai fini di ottenere un dataset
effettivamente e statisticamente rappresentativo del fondo.

In questa fase si effettua:

  • il trattamento dei dati distribuiti nel tempo (serie temporali)
  • il riconoscimento e la gestione degli outlier
  • il riconoscimento, su base statistica, di eventuali popolazioni multiple rappresentate dal campione statistico e l’analisi del tipo di distribuzione statistica (es. normale, log-normale, ecc.).
  • l’analisi spaziale utile allo sviluppo di un modello geostatistico del fondo (se opportuno)

Determinazione dei valori di fondo

I dati processati nella fase precedente sono organizzati in uno o più dataset, ognuno rappresentativo delle specifiche condizioni riconosciute e per ogni dataset si sceglierà un opportuno parametro statistico rappresentativo della “coda destra” della distribuzione del dataset. In determinate circostanze il fondo (naturale o antropico) potrà essere  determinato in relazione allo spazio attraverso l’implementazione di un modello geostatistico.

Gestione dei risultati

In questa fase viene effettuato il confronto tra i VF e i valori del sito/matrice di interesse al fine di verificare lo stato di contaminazione effettiva del corpo idrico, del  sito e/o i requisiti richiesti per l’utilizzo dei TRS. Possono essere individuati diversi criteri per il confronto. I VFN per i CIS ai sensi del DM 6 luglio 2016 saranno invece presi in considerazione nella determinazione dei valori soglia. Nel caso della determinazione dei VFN per i CIS è prevista una più articolata fase di valutazione della consistenza del dataset, sulla quale si basa, su larga misura, l’attribuzione di un livello di confidenza del VFN determinato per il dataset in esame.

*** SEZIONE IN COSTRUZIONE ****


Fonti

Testi:

La valutazione del rischio geochimico: nuovi strumenti per una gestione sostenibile del territorio Carlo Cremisini ENEA, Unità Tecnica Caratterizzazione, Prevenzione e Risanamento Ambientale

Geochimica e gestione del territorio Giovanna Armiento ENEA, Laboratorio di Biogeochimica Ambientale

Linea guida per la Determinazione dei valori di fondo per i suoli e per le acque sotterranee, Delibera del Consiglio SNPA, 14.11.2017 Doc. n. 25/17

Link:

https://www.enea.it/it/in-evidenza/valutazione-del-rischio-geochimico
http://www.distar.unina.it/it/ricerca-macroarea-1/geochimica-applicata-e-rischi-ambientali
http://www.blueplanetheart.it/2019/10/rischio-geochimico-non-sano-cio-naturale/
https://www.ingv.it/it/ricerca/temi-di-ricerca/ricerca-ambiente/geochimica-per-l-ambiente-e-geologia-medica
https://www.igag.cnr.it/temi-di-ricerca/

www.enea.it

 

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