Molte volte abbiamo sentito dire: ”Che caldo, è proprio un tempo da terremoto”. Questa affermazione, che fa parte della cultura popolare, appartiene a tutta quella serie di convinzioni pseudo-scientifiche tramandate di generazione in generazione. Oggi queste credenze purtroppo possono avere più seguito per effetto dei social che alimentano spesso false verità. L’espressione si riferisce ad un caldo particolarmente umido, afoso.

Tempo da terremoto … sarà vero?

Verifichiamo comunque se vi sia un qualche fondamento scientifico che possa giustificare una simile previsione.

Innanzitutto diciamo che la temperatura dell’aria non è influenzata dalla pressione che si genera lungo le superfici di discontinuità (faglie e fratture) in prossimità di una scossa. In profondità infatti, per effetto di movimenti tettonici, si generano spinte reciproche fra strutture geologiche che non sono determinate o influenzate dal cambiamento della temperatura dell’aria in superficie. Ovviamente i terremoti non possono essere nemmeno influenzati dall’irraggiamento solare per il semplice fatto che si verificano a grandi profondità, in genere dell’ordine di chilometri.

Nemmeno l’umidità dell’aria ha una qualche relazione con i terrremoti.

I terremoti storici

Andando ad analizzare le condizioni meteo prima o durante gli eventi sismici italiani più importanti si può notare come esse siano le più svariate.

Il terremoto di Avezzano del 1915 avvenne durante uno degli inverni più rigidi che si ricordi, il terremoto dell’Aquila del 2009 si verificò in una primavera nota per temperature anomale mentre la forte scossa che causò la valanga di neve travolgendo l’albergo di Rigopiano avvenne dopo un’eccezionale nevicata.

I terremoti più devastanti avvenuti invece in condizioni di caldo “anomalo”, sono quelli del Friuli, nel maggio 1976, e quello dell’Irpinia, nel novembre 1980.

Durante il terremoto dell’Emilia del 2012  invece le temperature erano nella media stagionale.

La temperatura dell’aria prima di un’eruzione vulcanica

Forse soltanto i tremori, ossia brevi e deboli scosse, che si verificano in prossimità o durante un’eruzione vulcanica, possono essere messi in una qualche relazione con l’aumento della temperatura locale. La temperatura del terreno aumenta infatti per la vicinanza del magma in risalita nei condotti vulcanici. Il calore trasmesso per conduzione attraverso le rocce riscalda l’aria facendone aumentare la temperatura. Anche la risalita di fluidi caldi, riscaldati dal magma in profondità, può far aumentare la temperatura dell’aria. Si tratta però di processi localizzati nelle immediate vicinanze di un vulcano in eruzione e spesso limitati nel tempo.

Variazioni di pressione dell’aria con la temperatura

Analizziamo un altro possibile effetto del riscaldamento dell’aria sui movimenti geotettonici. L’aria quando si riscalda tende ad espandersi e si creano per questo delle zone a bassa pressione. La domanda che ci poniamo è la seguente: l’abbassamento o l’innalzamento anche repentino di pressione dell’aria può influire sul movimento delle rocce? La pressione atmosferica che agisce normalmente sulle rocce in superficie è la stessa che agisce su di noi ed è  mediamente 101325 Pa ovvero 1013,25 mbar. I cambiamenti di pressione vanno da un minimo di 980 mbar ad un massimo di 1045 mbar. Si tratta di variazioni minime se confrontate con le pressioni che vengono prodotte già a qualche chilometro di profondità dal solo peso delle rocce.

Il gradiente geobarico

Ad ogni chilometro di profondità la pressione sale di circa 270 bar (gradiente geobarico medio). Pertanto le forze che entrano in gioco durante i movimenti geotettonici spingono con forze che sono di diversi ordini superiori a qualsiasi variazione di pressione atmosferica. E’ un po’ come se volessimo spingere con un asciugacapelli (pressione atmosferica) una moneta incastrata sotto lo spigolo di un grosso armadio (pressione litostatica). Del resto se una variazione della pressione fosse così importante da “spostare le montagne” anche l’uomo ne sarebbe sicuramente coinvolto dato che può sopportare una pressione limite di circa 32 bar.

Gli stormquake

Di tutti i fenomeni metereologici soltanto le tempeste marine (stormquake) di fortissima intensità, caricando di energia le superfici di faglia, sarebbero in grado di generare terremoti sebbene di piccola intensità.

Influenza dell’attività solare 

Secondo uno studio italiano, guidato dal Dott. Giuseppe De Natale dell’ INGV, in collaborazione con il CNR, l’Università della Basilicata e della Regione Puglia, pubblicato sulla rivista Scientific Report di Nature (2020), il contributo indotto dalle variazioni di densità protonica dovute all’attività solare rappresenta una piccola quantità di sforzo che può destabilizzare faglie già vicine al punto di rottura. Le scariche generate dall’eccesso di carica elettrica nella ionosfera penetrerebbero nelle grandi faglie sismogenetiche generando un impulso di dilatazione o contrazione, a seconda della polarità della corrente.

Tuttavia il contributo indotto dalle variazioni di carica dovute all’attività solare rappresenta soltanto una piccola quantità di sforzo anche se significativamente importante nel meccanismo di superamento del punto di critico nelle superfici di faglia.

Anche questo fenomeno, che spiegherebbe la correlazione tra i terremoti a larga scala, non è tuttavia da mettere in relazione con la variazione della temperatura dell’aria e quindi con il caldo.

Possiamo concludere che davvero ci sono poche se non quasi nulle giustificazioni scientifiche, che portino all’affermazione oggetto della nostra discussione.

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