Alcune attività umane possono interagire con quei processi fisici che causano il dissesto geologico-idraulico producendo un’intensificazione dei fenomeni e predisponendo il territorio con un notevole impatto, in particolare sui versanti.
Le attività antropiche più significative che possono indurre degradazioni idrogeologiche, non solo sui versanti ma anche in piano, sono:
• Degradazioni per uso agricolo improprio
• Degradazioni per errata gestione del bosco
• Degradazioni per pascolamento
• Degradazioni per attività estrattiva
*** sezione in revisione ***
Degradazioni per uso agricolo improprio
Tali degradazioni sono tenute sotto controllo da tecniche di sistemazione idraulico agraria come:
- tecniche di contour cultivation
- sistemazioni a girapoggio
- sistemazioni a cavalcapoggio
- sistemazione a spina
- opere di presidio
- sistemazioni a terrazzi, lunettamenti, ciglionamenti e gradonamenti
- muretti a secco
- reti idriche
- drenaggi
Esse hanno come obbiettivo quello di contenere l’erosione del suolo entro limiti ammissibili, comunque non superiori alla quota di rinnovamento dovuta ai processi pedogenetici. Queste tecniche aumentano la maggiore capacità di infiltrazione delle acque piovane e riducono la velocità di ruscellamento.
Con l’abbandono di vaste aree agricole, in particolare di quelle ritenute non più vantaggiose, perchè inaccessibili e/o poco produttive da un punto di vista agricolo, è venuta a mancare la funzione di presidio dell’uomo sul territorio, necessario per il controllo dei fenomeni erosivi e di instabilità. Tuttavia in alcune aree la vegetazione spontanea è tornata a ristabilire il controllo diretto sul suolo diventando in alcuni casi vera e propria vegetazione potenziale (tipo di vegetazione più complesso e naturale che un dato territorio può ospitare).
Anche l’adeguamento delle strutture fondiarie e delle tecniche agronomiche alle nuove esigenze produttive si è tradotto in molti casi in un’evidente intensificazione dei fenomeni erosivi e di dissesto geologico-idraulico. La specializzazione delle colture e l’impiego di grandi macchinari per la lavorazione che hanno determinato sistemazioni più idonee al loro utilizzo, hanno ridisegnato il territorio, facendogli perdere la sua identità spesso caratterizzata da un’agricoltura capillarmente diffusa e differenziata, con seminativi intercalati a seminativi arborati, suddivisi in unità colturali generalmente piccole, ricalcanti la morfologia del terreno, delimitate da fossi, strade di fosso e filari arborati.
Le sistemazioni idraulico-agrarie precedentemente adottate sono state obliterate nella ricerca di superfici più ampie che permettessero un agevole e redditizio uso di mezzi meccanici, ma senza che venissero approntate nuove opere efficaci come le precedenti Ciò ha comportato anche un incremento estremo della superficie agricola utile e una minore differenziazione degli usi.
In quelle aree dove le preesistenti sistemazioni sono state mantenute, come ad esempio nel caso dei muretti a secco che erano caratteristici di intere aree agricole in diverse regioni, non solo in territorio italiano, gli alti costi di manutenzione e di gestione hanno portato al loro progressivo abbandono e deterioramento, con l’effetto di perdere i benefici per cui la sistemazione era stata ideata e realizzata.
La conseguenza principale di questi cambiamenti è stato l’incremento dei fenomeni erosivi, dell’instabilità dei versanti e del disordine idrogeologico. L’oculata gestione agricola nelle aree collinari e montuose ha del resto benefici effetti anche nelle sottostanti aree di pianura, come il consolidamento dei versanti, il controllo e il contenimento dei fenomeni erosivi, la riduzione del trasporto solido e dei deflussi idrici, la prevenzione delle ondate di piena di fiumi e torrenti, la conservazione delle risorse naturali contro il degrado ambientale e paesaggistico.
Effetti negativi delle colture meccanizzate sulla qualità del suolo
L’introduzione in agricoltura di nuovi grossi macchinari ha generato una serie di effetti negativi sulla qualità del suolo, in particolare sulla perdita di una sua proprietà fondamentale, ovvero la struttura che è la modalità con cui le particelle primarie (sabbie, limi e argille) si uniscono in particelle composte (aggregati) separate tra loro da superfici di rottura. La sostanza organica, la quale favorisce l’aggregazione delle particelle, è l’autentica garante della struttura stessa del suolo.
E’ bene tener presente che la resistenza all’erosione da parte del suolo è legata in ultima analisi alla resistenza degli aggregati al distacco e al trasporto, quindi alla stabilità della sua struttura che non è altro che la resistenza degli aggregati all’azione degli agenti atmosferici (acque piovane battenti, ruscellanti e/o stagnanti, alternanza di gelo e disgelo, siccità, vento, ecc.) e meccanici (impatto dei mezzi meccanici, errate lavorazioni del suolo, calpestio, ecc.), che tendono invece a demolire gli aggregati stessi. Un’elevata stabilità strutturale è indice di un suolo più fertile.
I moderni modelli di produzione agricola, come le monocolture, sono i principali responsabili sia dell’impoverimento dei suoli di sostanza organica, acqua e nutrienti, tanto da dover ricorrere a continui apporti esterni, sia della riduzione del naturale controllo dei fitofagi. Anche l’uso di macchine agricole sempre più grandi, potenti e pesanti, ha avuto sul terreno un deleterio effetto compattante in particolare in quei suoli dove il tenore di sostanza organica si trovava già a livelli bassi. La compattazione del terreno influisce, infatti, sulla porosità del terreno determinando la variazione delle proprietà idrogeologiche dei suoli, diminuendone la capacità di infiltrazione ed aumentando il ruscellamento superficiale. Molti dei fenomeni erosivi che interessano zone a pendenza sensibile hanno origine o si accentuano proprio per questo effetto.
Processi di compattazione
Durante l’aratura, a causa dei moderni organi lavoranti che penetrano a maggiori profondità (55-60 cm) rispetto agli antichi mezzi (15 cm), possono innescarsi processi di compattazione del suolo. L’aratura con questi mezzi, oltre a produrre il taglio orizzontale di una fetta di terreno, esercita una pressione in profondità a cui si aggiunge un contributo di pressione dovuta al peso del mezzo meccanico che crea, sotto lo strato di terra lavorato, una pellicola a bassa permeabilità chiamata suola d’aratura (o soletta di lavorazione). Questa costituisce uno strato che in cui la funzione drenante del suolo viene annullata o notevolmente ridotta con conseguente ristagno delle acque. Questo strato può facilitare lo slittamento dello strato sovrastante, già deformato dall’aratura, ed eventuali allagamenti in occasione di piogge intense e concentrate. Questi metodi di lavorazione determinano la degradazione fisica dei suoli e la conseguente riduzione della produttività e propensione al dissesto.
La diminuzione di sostanza organica che determina la perdita di stabilità degli aggregati, i quali vengono distrutti dall’azione battente delle piogge, è spesso rilevabile dalla formazione di croste superficiali che incrementano il grado di compattazione del suolo.
Altri impatti negativi sulla qualità del suolo
Ulteriori impatti negativi sulla qualità del suolo sono dovuti a l’utilizzo di colture specializzate che richiedono una serie di lavorazioni preparatorie del terreno come livellamenti del terreno, scavi e riporti, ecc. Questi provocano la traslocazione laterale del suolo. Questa pratica demolitrice origina troncamenti nel profilo del suolo che espongono i suoi orizzonti più profondi, spesso fragili e poveri di sostanza organica, agli agenti atmosferici oppure possono portare all’affioramento del substrato, il quale può essere caratterizzato da una ridotta capacità di immagazzinamento di acqua e/o da una scarsa struttura. Nelle zone di riporto, invece, si assiste all’accumulo di materiali incoerenti che possono essere interessati da movimenti gravitativi. Nelle zone collinari italiane questa situazione si verifica comunemente: si osserva spesso la presenza di piani uniformi sub-orizzontali o inclinati, contrastanti con l’originaria morfologia naturale.
I processi erosivi indotti dalle moderne tecniche di coltivazione sono responsabili non solo della perdita di particelle di terreno, ma rappresentano anche una delle cause principali di degradazione della fertilità del suolo, producendo una riduzione dell’infiltrazione e della capacità di immagazzinamento dell’acqua, un peggioramento della struttura, una perdita di sostanza organica e di elementi nutritivi, che si traducono in un suolo meno favorevole alla crescita delle piante e alla sostenibilità delle attività agricole nel tempo.
Soluzioni tecniche agronomiche-conservative
Comunque si voglia analizzare il problema è necessario che si instauri un equilibrio tra le moderne necessità produttive agricole e la conservazione della fertilità dei suoli e delle risorse ambientali.
Per questo la scelta delle tecniche agronomico-conservative da applicare in un determinato ambiente deve essere effettuata sulla base di valutazioni attendibili circa l’entità dell’erosione in atto o potenziale e sulla conoscenza dei meccanismi di azione dei vari fattori che influenzano il processo erosivo.
Gli accorgimenti da utilizzare sono di diversa tipologia e non richiedono tecniche particolarmente complesse ed anzi spesso sono piuttosto economici sia dal punto di vista realizzativo che gestionale. Molte di queste tecniche coincidono con gli antichi metodi di pratica dell’agricoltura e possono essere riproposti nei attuali schemi produttivi, anche con efficacia:
- lavorazione e semina eseguita seguendo le curve di livello (contour cultivation)
- utilizzo di colture foraggere
- mantenimento della copertura vegetale
- utilizzo di colture intercalari
- gestione dei residui colturali
- lavorazioni di tipo conservativo
- consociazione di due colture seminate a fasce
- adozione di bufferstrips
- realizzazione di opere di presidio
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Contour cultivation
Le lavorazioni e la semina è bene che seguano le curve di livello (contour cultivation), questa tecnica, infatti, favorisce la formazione di aggregati stabili, sia dal punto di vista conservativo sia nella difesa dai fenomeni di erosione e di dissesto geologico-idraulico ed è più efficace rispetto a quella a “rittochino” . Con questo tipo di sistemazione infatti si ha una maggiore predisposizione all’erosione se:
- le pendenze sono rilevanti (β(%)=20÷30%)
- è eccessiva la lunghezza dei campi
- non si predispongono opere per la regimazione delle acque di scorrimento superficiale e che prevedano anche la realizzazione di opere di intercettazione dell’acqua alle testate (ad es. canalette di raccolta delle acque disposte trasversalmente e alla sommità del versante – le acque dilavanti infatti si potrebbero incanalare lungo i solchi tracciati dall’aratro, approfondendoli e producendo diffusi fenomeni erosivi – rill erosion).
Tuttavia la sistemazione a rittochino presenta anche alcuni vantaggi:
- agevola l’esecuzione delle operazioni colturali a pendenza rilevante
- favorisce il deflusso superficiale riducendo il pericolo di frane
- riduce il costo di meccanizzazione nelle aree collinari poichè l’acqua in deflusso viene suddivisa in più rivoli collinari
- rappresenta la migliore soluzione nei suoli suscettibili allo smottamento
Nelle lavorazioni perpendicolari alle linee di massima pendenza, su terreni declivi, occorre tener conto del rischio di ribaltamento del trattore. La stabilità di un trattore dipende oltre che dall’acclività del pendio per cui:
trattore a ruote
i = 30 – 35% (inclinazione massima)
ß = 16,7° – 19,3° (angolo del pendio)
trattore a cingoli
i = 50 – 55% (inclinazione massima)
ß = 26,5° – 28,8° (angolo del pendio)
(NASI et alii, 1987);
anche da altri fattori: le caratteristiche del trattore, il tipo di terreno, la presenza o meno di irregolarità, l’eventuale sbilanciamento del carico o delle attrezzature utilizzate, il tipo di lavorazioni effettuate, ecc.
La contour cultivation (coltivazione del contorno) conserva il suolo seguendo la posa del terreno e creando creste che formano un’interruzione dell’acqua. Per questo previene l’erosione del suolo anche perchè i solchi che non seguono la posizione del terreno permettono un rapido deflusso dell’acqua durante le piogge. Un altro vantaggio di questa tecnica è la significativa riduzione della perdita di fertilizzanti ed il conseguente aumento di raccolti almeno fino al 50%. Esistono vari tipi di contour cultivation:
Queste tecniche hanno maggiore efficacia se utilizzate insieme ad altri metodi di conservazione del suolo come la coltivazione a strisce e l’agricoltura in terrazzi.
Sistemazione a girapoggio
Questo tipo di sistemazione è efficace se siamo in presenza di una pendenza relativamente bassa (β(%)≤10-15%) e costante. La distanza fra le piante è di circa 30-35m e sono previste anche lavorazioni in traverso e fosse raccoglitrici , che seguono le curve di livello, e scaricano in torrenti o fossi di seconda raccolta disposti lungo la β massima.
Sistemazione a cavalcapoggio:
Questo tipo di sistemazione come nel caso del girapoggio si utilizza con una pendenza relativamente bassa (β(%)≤10-15%) e costante e prevede la forma regolare in traverso dei campi che dovranno essere larghi 10- 15m, la presenza di fosse camperecce che scaricano in torrenti o fossi di seconda raccolta disposti (nel compluvio) lungo la max pendenza e inerbiti o comunque con fondo consolidato.
Sistemazione a spina
Questa tecnica riunisce i pregi idraulici del girapoggio e quelli agronomici del cavalcapoggio. I campi regolari, che sono realizzati modellando il suolo (operazione preliminare), si uniscono nelle linee di compluvio e di displuvio che vengono poste lungo la massima pendenza.
Le fosse di scolo si dispongono perpendicolarmente alle linee di massima pendenza (orizzontali, rettilinee e parallele).
Questa tecnica viene attuata nelle terre ad alto tenore di argilla (>35% di argilla) e con pendenze inferiori a β < 30%.
Utilizzo di colture foraggere
E’ consigliabile utilizzare colture foraggere (piante erbacee per l’alimentazione bovina di base) in rotazione o come colture permanenti (ad es. prati permanenti), tenendo conto che le rotazioni colturali migliori sono quelle che comprendono l’alternanza con le leguminose che rilasciano grandi quantità di sostanza organica nel terreno; a queste rotazioni colturali vengono riconosciuti numerosi effetti positivi che vanno dall’aumento della sostanza organica, al miglioramento della disponibilità di nutrienti e di acqua, dal controllo dei fitofagi, alla limitazione dello sviluppo di infestanti, al controllo della dinamica delle malattie, passando per l’inibizione o la promozione della formazione
di sostanze nel suolo (es. gli essudati radicali). I periodi a maggese espongono il terreno all’erosione, e di conseguenza anche alla perdita di sostanza organica. L’aggiunta di residui colturali e di ammendanti organici come compost, letami, fanghi di depurazione e residui legnosi aumenta il livello di sostanza organica nel terreno e contrasta i fenomeni erosivi, favorendo la strutturazione delle particelle di terreno in aggregati resistenti.
Mantenimento della copertura vegetale
Deve essere mantenuta costante una copertura vegetale anche durante la stagione invernale, ad esempio mediante:
ossia mediante l’utilizzo di colture non finalizzate alla raccolta ma all’immagazzinamento di elementi nutritivi e sostanza organica, che verranno restituiti al suolo mediante sovescio o interramento.
Cover crops e le catch crops sono tecniche non disgiungibili.
Cover crops
L’obbiettivo principale delle cover crops (colture di copertura) è quello di proteggere il terreno dall’erosione. Le cover crops spesso sono destinate ad essere interrate e non dare origine a nessuna produzione, tanto da essere chiamate anche colture da sovescio. In alcuni casi la vegetazione, infatti, può essere disseccata chimicamente e poi trinciata meccanicamente, o solo trinciata con comuni trinciastocchi o con roller crimper.
Catch crops
Lo scopo principale delle catch crops (colture da cattura) è quello di evitare che il terreno perda i nutrienti per lisciviazione.
Le catch crops consentono, in un periodo di non coltivazione, di intercettare la radiazione solare e catturare gli elementi nutritivi migliorando l’efficienza dell’ecosistema che richiede così meno immissioni esterne per la produzione che diviene più econonomica. L’introduzione nel ciclo produttivo di questi tipi di colture contribuisce quindi a migliorare la sostenibilità del processo produttivo perché consente di utilizzare le potenzialità dell’ecosistema a favore della produzione.
Questi vantaggi sono tanto importanti che alcune Regioni hanno inserito la pratica del sovescio nell’ambito di azioni rivolte ad aziende con gestione convenzionale del terreno o delle cover crops in azioni dedicate all’agricoltura conservativa fra le prescrizioni delle misure agroambientali. Le colture di copertura possono inoltre contribuire a soddisfare i vincoli previsti dal greening.
Le azioni svolte dalle colture di copertura, sono in parte svolte anche da colture intercalari, condotte quindi con fini produttivi.
Utilizzo di colture intercalalari
E’ consigliato il ricorso a colture intercalari, ossia quelle il cui ciclo si sviluppa tra due colture principali previste dall’avvicendamento, che vengono impiegate con funzione di copertura o per sovescio.
Gestione dei residui colturali
La gestione dei residui colturali svolge una fondamentale azione protettiva nei confronti dell’erosione e delle perdite di acqua per ruscellamento ed evaporazione. Il pacciame lasciato sul terreno, infatti, lo protegge dall’azione battente delle gocce di pioggia e riduce sensibilmente la velocità di scorrimento superficiale dell’acqua, consentendo, inoltre, una maggiore infiltrazione e dunque, la possibilità di immagazzinamento nei limiti della capacità di campo.
Lavorazioni di tipo conservativo
Queste lavorazioni di tipo conservativo (no-till, lavorazioni ridotte) prevedono il mantenimento sulla superficie della maggior parte dei residui colturali o nei primi strati del terreno (per definizione il 30% o più). In tali pratiche la velocità di decomposizione della sostanza organica è minore rispetto alle coltivazioni tradizionali poiché il suolo non subisce azioni di rimescolamento, né variazioni nel microclima (o le subisce in minima parte). Altri effetti positivi di questo tipo di lavorazioni sono rappresentati dal minor numero di passaggi delle macchine operatrici, il che influisce notevolmente non solo sul risparmio energetico e quindi sulla riduzione dei costi di produzione ma anche sul mantenimento di una buona struttura del suolo.
Consociazione di due colture seminate a fasce
Le fasce devono avere andamento trasversale rispetto alle linee di massima pendenza, lungo la pendice di un versante (strip-cropping) o più in generale l’uso di colture consociate, ossia, due o più colture presenti sul terreno simultaneamente solo per una fase o per tutta la durata del ciclo colturale. L’efficacia delle colture a fasce dipende essenzialmente dalla tipologia delle colture utilizzate e dalla loro reciproca posizione sul versante. L’effetto più conservativo si ottiene quando le colture più protettive, ad esempio le prative, sono disposte nella parte bassa dei versanti, in questo modo si abbassa la velocità dell’acqua e si deposita l’eventuale trasporto solido. Una variante di questa tecnica è quella di intervallare alle fasce di coltivazione erbacea o arborea delle strisce permanentemente inerbite, costituite da essenze prative perenni di larghezza l ∼ 3 m, disposte trasversalmente al pendio con interdistanza D = 20 ÷ 40 m, in funzione della pendenza del versante.
Adozione di buffer strips
Devono essere mantenute delle fasce di vegetazione lungo i bordi dei campi (es. siepi ed alberature), che negli ambienti collinari e montani devono essere disposte trasversalmente rispetto alle linee di massima pendenza. Le buffer strips contribuiscono alla riduzione della perdita di elementi nutritivi, giocano un azione frangivento, controllano la diffusione di pesticidi e reintroducono gli habitat per importanti antagonisti selvatici di fitofagi infestanti le colture.
Realizzazione di opere di presidio
Deve essere prevista la realizzazione di sistemazioni idraulico agrarie, ovvero di opere di presidio per il contenimento dei fenomeni di dilavamento.
Le sistemazioni idraulico-agrarie
Le sistemazioni idraulico-agrarie, che possono essere utilizzate sia per la stabilizzazione sia per la laminazione dei deflussi a valle, rappresentano l’insieme delle opere e degli interventi che vengono predisposti per garantire la regimazione delle acque nei terreni agrari. L’eccesso idrico genera due problemi fondamentali:
- il ristagno nei terreni in piano
- l’erosione nei terreni in pendio
Il ristagno nei terreni in piano
Si possono verificare due tipi di ristagno:
- ristagno superficiale
- ristagno sottosuperficiale
Gli ambienti tipici dove si verifica sono:
- pianura
- zone in prossimità del mare
- terreni argillosi (o anche in altra tipologia granulometrica)
Le sistemazioni dei terreni in pendio
I terreni con pendenza β(%)> 5% sono considerati in pendio. Le sistemazioni in questa situazione finalizzate a:
• favorire l’infiltrazione dell’acqua al fine di ricostruire le riserve idriche del suolo
• limitare l’erosione
Le più utilizzate sono:
- reti scolanti superficiali (affossature, baulature)
- drenaggi sottosuperficiali
- strade fosso livellari
- canali terrazza
- terrazzamenti, lunettamenti, ciglionamenti e gradonamenti
- scogliere
- sistemazioni a onda, ad arginelli, a ripiani raccordati
poiché riducono le pendenze e il potere erosivo delle acque di ruscellamento.
Lo spopolamento della montagna e della collina unita alla mancanza di un programma di manutenzione del territorio agro-forestale, favorisce il verificarsi di fenomeni alluvionali e franosi con gravi danni a persone e cose.
In questi casi è necessario intervenire predisponendo dei sistemi di protezione dall’erosione con mezzi il più possibile naturali, il più semplice dei quali è la messa a dimora di essenze arboree ed arbustive.
Reti scolanti superficiali
Affossatura, baulatura
L’affossatura viene collocata al margine dei lati lunghi del campo e poi raccordata con fossi di seconda raccolta artificiali o naturali in modo da favorire la raccolta delle acque superficiali e profonde, favorita rispettivamente dalla baulatura e dal drenaggio superficiale.
L’affossatura è una rete scolante superficiale che ha lo scopo di:
- raccogliere
- convogliare
- allontanare
le acque superficiali in eccesso e garantire la formazione di una riserva idrica per le
esigenze delle colture. I suoi elementi costitutivi sono:
Portata e sviluppo dell’affossatura dipendono dal regime pluviometrico e dalle caratteristiche del suolo.
Scoline e capofossi
Sono fosse di prima raccolta che caricano l’acqua in capofossi, successive fosse di seconda raccolta.
Le scoline, che raccolgono sia l’acqua in eccesso superficiale sia quella sotto-superficiale, hanno in genere sezione trapezoidale e profondità variabile (pr = 50 ÷ 80 cm), ma comunque sempre maggiore di quella di lavorazione. Presentano una pendenza longitudinale βz(%) = 0,8 ÷ 0,15%, correndo parallele al lato maggiore del campo con area della sezione variabile e con distanza dipende non solo dalla tessitura e permeabilità del suolo (k) ed che è maggiore nei terreni sciolti e ma anche anche dall’intensità di pioggia (Ip).
Calcolo del volume necessario delle scoline (Vns; m3/ha) – Volume necessario dell’affossatura
Il volume necessario (Vns) della della rete di scoline (affossatura) è dato da:
Vns = 10 Pt24h x Cofr [m3/ha] (volume necessario affossatura)
dove
Pt24h (quantità di pioggia in 24 ore con probabilità E = 5/10% [mm] e tempo di ritorno tr = 5 – 10 a) [in Italia i valori sono di Pt24h= 50-70 mm se si escludono gli eventi eccezionali] [mm]
Cofr = Pwr / Iw [mm/ha] (coefficiente di deflusso nella rete scolante)
dove
Pwr (acqua di precipitazione defluita nella rete scolante) [mm]
Iw (acqua infiltrata nel terreno per ettaro) [mm/ha]
Cofr è assai variabile essendo funzione del tipo di evento pluviometrico, del tipo di suolo, della stagione, ecc.] ed in genere è massimo in primavera poichè il suolo è ricchissimo d’acqua è minimo in autunno quando il suolo è in effetti asciutto e ricco di crepacciature e per questo periodo si ha la massima capacità d’invaso.
Vns = 10 Pt24h x Cofr (volume necessario delle scoline) [m3ha]
Valori di Cofr da garantire per terreni a scarsa permeabilità in territorio italiano nella stagione invernale – primaverile:
terreni sabbiosi e permeabili (Cofr =0,4)
terreni argillosi e impermeabili (Cofr = 0,6)
In pratica le scoline debbono poter garantire il deflusso di almeno il 40-60% dell’acqua precipitata.
volumi necessari
V = 100-200 m3 ha-1 (suoli sciolti)
400-500 m3 ha-1 (suoli pesanti)
Parametri di forma della sezione delle scoline
pr = 50-80 cm (varia con cadente disponibile, franco necessario, profondità di aratura → N.B le scoline devono essere sempre più profonde della profondità di aratura per ricevere acqua dal crostone di aratura)
s:pr (da scegliere in base alla tendenza del terreno a smottare → N.B. in terreni di
media coesione l’optimum è s:pr = 1:3; in terreni più coesivi può salire a s:pr = 1:5. L’inerbimento poi contribuisce a consolidare le pareti evitando smottamenti.
I suddetti parametri permettono il calcolo della sezione delle scoline (A; m2)
Valori ordinari indicativi per l‘Italia:
– minimo: A = 0,2 – 0,3 m2
– media: A = 0,5 m2
– massimo: A = 0,8-0,9 m2
Calcolo dello sviluppo lineare delle scoline (L)
L = V/A = [m/ha] (sviluppo lineare delle scoline)
dove A (sezione delle scoline) [m2]
Distanza fra le scoline (Ds in m)
La distanza fra le scoline determina la larghezza dei campi. Per evitare intralci alla circolazione dei mezzi è necessario massimizzarla.
Ds (m) = L (m/ha)/lx
dove:
l (Larghezza appezzamento perpendicolare alle scoline)
Distanza tra le scoline
terreni molto compatti Ds = 15-20 m
terreni tendenzialmente argillosi Ds = 25-30 m
terreni argilloso-sabbiosi Ds = 30-35 m
terreni tendenzialmente sabbiosi Ds = 50-60 m
Vincoli di natura idraulica
Il valore della Ds è inversamente proporzionale a:
- impermeabilità del suolo
- intensità pluviometrica
- difficoltà di scarico
Pendenza delle scoline (βs (‰) )
In genere basta una pendenza di βs (‰) = 0,8-1,0 ‰ per assicurare lo sgrondo. In genere si adotta la pendenza naturale. In terreni perfettamente piani la pendenza utile deve essere ottenuta approfondendo progressivamente la scolina.
E’ bene non raggiungere pendenze βs (%) > 2-3 % per impedire fenomeni erosivi. Per
pendenze superiori a tale limite è necessario intervenire con barriere artificiali per ridurre la velocità dell’acqua e favorire la deposizione del materiale eroso.
Larghezza tipica
- terreni molto permeabili: 35-40 m
- terreni a buona permeabilità: 30-35 m
- terreni di media permeabilità: 25-30 m
- terreni a bassa permeabilità: <20 m
Fossi collettori (o bacini di scarico)
Raccolgono le acque che provengono dai capofossi e possono essere rappresentati da canali artificiali e naturali oppure anche da torrenti e fiumi.
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Baulatura
E’ una tecnica agraria che consiste nel realizzare una lieve convessità ottenuta effettuando l’aratura a colmare, che determina un ammasso delle zolle nella parte centrale del campo. Esistono vari tipi di baulature:
- a cavini
- a due falde
- a quattro falde
Tipologie di baulaturaLa baulature si realizzano rapidamente con ruspe e livellatrici tramite riporti di terreno oppure gradualmente mediante aratura a colmare.
Baulatura a due falde mediante aratura a colmare (by Paolo Bazzoffi, immagine rieditata)La pendenza delle falde della baulatura è tipicamente β(%)> = 1-3% (minima in suoli molto permeabili, massima in suoli argillosi)mentre il dislivello (hb) fra limite del campo e colmo della balatura dovrà essere:
hb = 30-40 cm (sistemazioni del meridione)
hb = 60-80 cm (sistemazioni emiliane)
hb = 150 cm in quelle padovane (a cavini)
Drenaggio sottosuperficiale
Il drenaggio sottosuperficiale viene realizzato collocando tubi in materiale plastico, in modo da garantire lo scarico delle acque nell’affossatura e comunque lo smaltimento delle acque in eccesso con condotti sotterranei capaci di emungere e con lo scopo di:
- abbassare la falda freatica
- eliminare il ristagno sottosuperficiale in situazioni di scarsa permeabilità o in presenza di strati impermeabili
- bonificare i terreni salini e permettere la lisciviazione dei sali provenienti da acque saline
Il drenaggio può risolvere problemi di ristagno superficiale solo se causato da ristagno
sottosuperficiale. I sistemi di drenaggio sottosuperficiale utilizzati sono:
Aratro talpa
Questo tipo aratro pratica un taglio verticale nel terreno che facilita la penetrazione dell’ acqua nei condotti sotterranei scavati dall’ obice e pressati dal lisciatoio. Al momento della realizzazione il terreno deve essere asciutto in superficie e plastico alla profondità delle gallerie che dovranno avere un diametro di ∅ = 10-12 cm, una lunghezza di l = 50-100 cm ed una pendenza di β(%) = 0,5% ed essere profonde hy = 70-80 cm ed una interdistanza d = 3,8 m e comunque sfociare nelle scoline. Questa tecnica, dai costi ridotti, funziona con efficacia solo nei terreni argillosi, poichè negli altri le gallerie si occludono facilmente. Le gallerie possono rimanere funzionanti al massimo per due o tre anni.
Drenaggio a fognatura
Per questo tipo di drenaggio, che ha un ottima azione emungente, ma costi elevati, vengono scavate fosse profonde 1-2 m, il cui fondo viene ricoperto per 40 50 cm con materiale drenante (es. fascine, ghiaia, pietre) e ricoperto di terra. Nel tempo si ha un intasamento irreversibile della fossa.
Drenaggio tubolare
Si utilizzano tubi (dreni) sotterranei che offrono all’ acqua da allontanare percorsi preferenziali sfocianti in fossi di scolo. I materiali utilizzati per la realizzazione di questi tubi possono essere:
- tubi in terracotta
- tubi in plastica rigida (l = 6-9 m)
- tubi in PVC (cloruro di polivinile), con superficie ondulata (meglio se a cerchi concentrici piuttosto che a spirale), ∅ = 50-80mm, (l=150-300 m) , con fessure.
Pendenza dei dreni
La pendenza è variabile tra βs (‰) = 1-3 ‰. Il trasporto idrico è direttamente proporzionale alla pendenza, ma all’aumentare della pendenza aumenta la profondità del dreno e del collettore.
Pf=Pi+lxs
(con una pendenza βs (‰) = 2 ‰ un dreno lungo l = 200 m, un dislivello Δh = 4 m).
Distanza tra i dreni (Dd)
E’ necessario calcolare la distanza massima che permette lo smaltimento giornaliero
di un prefissato quantitativo di acqua (portata giornaliera da smaltire), q e quindi l’eliminazione del ristagno in tempi agronomicamente accettabili.
Le portate medie (qm) dipendono principalmente dalla piovosità.
Per il calcolo della distanza si utilizzano equazioni empiriche come quella di Hooghoudt che è anche la più utilizzata ed attendibile in situazioni di falda alta e stabile:
dove:
L (distanza tra i dreni) [m]
K1 (conducibilità idrica del terreno sopra il livello dei dreni) [m/d]
K2 (conducibilità idrica del terreno sotto il livello dei dreni) [m/d]
h (altezza massima accettabile di risalita della falda rispetto al piano dei dreni e nel punto di mezzo tra i due dreni) [m]
ze (profondità equivalente) [dipende dalla profondità dello strato impermeabile dalla distanza tra i dreni (L) e dal loro raggio (vedere tab successiva)] [m]
qs (quantità d’acqua da eliminare giornalmente) [m/d]
Se i dreni poggiano su uno strato impermeabile l’equazione si riduce a :
Fosse e strade fosso livellari
Le fosse livellari rappresentano l’elemento base degli schemi sistematori delle aree declivi ed in particolare della collina tipica argillosa principalmente ad indirizzo cerealicolo completamente meccanizzato.
La fossa livellare ha un andamento trasversale alle linee di massima pendenza e scarica le acque di deflusso superficiale e profondo in acquidocci armati o in impluvi naturali inerbiti.
Le fosse livellari divergono leggermente dalle curve di livello, in modo da assicurare una pendenza β(%)= 1 ÷ 2,5% a seconda della maggiore o minore erodibilità dei suoli. Hanno una z ∼ 10 cm o comunque superiore rispetto a quella di lavorazione e generalmente la loro interdistanza è d = 60 ÷ 100 m, in funzione della piovosità tipica della zona, dell’erodibilità dei suoli, della pendenze, della morfologia della pendice, dell’ordinamento colturale e dalla profondità di lavorazione. La loro lunghezza è normalmente L < 200 m e può essere calcolata tenendo conto della d, della superficie servita (Aw) e della portata di deflusso (Qd) da smaltire.
La fossa livellare ha una sezione triangolare se viene realizzata con l’aratro; se invece viene scavata con gli scavafossi è trapezoidale. In quest’ultimo caso la fossa presenta una base larga b ∼ 30 cm e sponde di inclinazione ∝ ∼ 30° rispetto alla verticale. Le fosse livellari devono essere riformate dopo ogni lavorazione in quanto questa, specie nei terreni argillosi, viene eseguita a rittochino sull’intero versante senza tenere conto delle fosse esistenti che vengono pertanto occluse e successivamente ritracciate nella preesistente ubicazione . A volte le fosse livellari vengono sostituite con strade-fosso livellari, caratterizzate da una sezione in contropendenza, che oltre a raccogliere le acque di deflusso e convogliarle negli acquidocci, facilitano la circolazione dei mezzi meccanici. La fossa livellare normalmente ha una portata di q = 0,04 ÷ 0,08 m3/s.
Canali terrazza
Sono costituiti da canali e dagli adiacenti arginelli, situati immediatamente a valle, realizzati con il terreno di riporto derivante dallo scavo effettuato per la realizzazione del canale stesso o dalle zone limitrofe. Il loro andamento è trasversale rispetto alla massima pendenza per ridurre la lunghezza dei versanti collinari e quindi la velocità delle acque di scorrimento superficiale ed il rischio di erosione. La lunghezza dei tre fronti di scavo ovvero il dislivello a valle è, in genere, di l > 4,2 m. La realizzazione dei canali- terrazza, generalmente effettuata su versanti con una pendenza β(%) =≤ 15%, richiede un modellamento superficiale, variabile in funzione della pendenza e del tipo di canale, ma, in ogni caso, ininfluente. In questa sistemazione, almeno su pendenze non rilevanti, non si ha alcuna perdita di superficie utilizzabile (in quanto sia gli argini che i canali vengono normalmente coltivati) né impedimenti al movimento dei mezzi meccanici.
Per diverse β(%) esistono varie tipologie di canali terrazza:
- Canali-terrazza a base larga (β(%) ≤8%)
- Canali-terrazza a base larga con il fronte a valle dell’argine ripido (β(%)= 8 ÷ 15-20%)
- Canali-terrazza a base larga e piatta
Canali-terrazza a base larga (β(%) ≤8%)
I canali-terrazza a base larga sono realizzabili su versanti con pendenze generalmente β(%) ≤8%, in quanto con β(%) più rilevanti diventerebbe più difficoltosa la lavorazione sia del fronte di scavo del canale che del fronte a valle del rilevato.
Sono costruiti con una pendenza delle sponde, sia del canale che dell’arginello di almeno 4:1, ma preferibilmente di 8 :1 (orizzontale/verticale) per consentire un agevole movimento dei mezzi meccanici. Con questo tipo di morfologia é infatti possibile lavorare e coltivare l’intera superficie dell’appezzamento che non presenta perciò tare improduttive. L’arginello viene generalmente formato con la terra scavata per la formazione del canale.
Canali-terrazza a base larga con il fronte a valle dell’argine ripido
Questo tipo di canali-terrazza vengono realizzati quando il versante ha una pendenza β(%)= 8 ÷ 15-20%. A maggiore pendenza diventerebbe difficoltosa la lavorazione del fronte a valle del rilevato. Sono costruiti con una pendenza di 2:1 (orizzontale/verticale) ed é necessario l’inerbimento pertanto l’area corrispondente alla larghezza del fronte a valle non é utilizzabile ai fini produttivi. La larghezza dell’area coltivata é, in questo caso, compresa tra il piede del fronte a valle del rilevato e la sommità dell’arginello del canale sottostante. Il terreno per la formazione del rilevato può essere preso in parte a monte ed in parte a valle , oppure soltanto dalla parte a valle. In questo ultimo caso si ha il vantaggio di ridurre la pendenza tra due canali-terrazza successivi.
Canali-terrazza a base larga e piatta
Tipo di sistemazione particolarmente indicato per la conservazione dell’umidità in zone di bassa piovosità su terreni permeabili e con pendenze β(%) ≤ 4%. Sono una variante dei canali a base larga senza pendenza dove la base del canale é estremamente larga con b = 7,5 ÷ 22 m a seconda della pendenza del terreno e del tipo di coltura. Il canale é costruito logicamente senza pendenza trasversale ed é chiuso alle estremità da un arginello di ha < hr (altezza del rilevato del canale in modo) che in caso di piogge eccezionali il surplus di acqua tracimi dall’arginello di chiusura del canale defluendo all’acquidoccio senza provocare danni. Il rilevato é formato con il terreno ricavato nello scavo del canale, anche se a volte può essere in parte prelevato anche a valle nella zona dove si erigerà il rilevato stesso, se questo dovrà avere un’altezza considerevole per evitare fenomeni di tracimazione. Questo tipo di sistemazione deve essere progettato per invasare un volume massimo di acqua di scorrimento derivante dall’appezzamento di competenza.
Terrazzamento, lunettamento, ciglionamento
Tecnica del terrazzamento
Viene impiegata la tecnica del terrazzamento se le pendenze sono β = 30% ÷ 50% ed il suolo viene reso piano. Si tratta di una tecnica particolarmente costosa e per questo viene riservata a colture che possano garantire alta redditività.
Lunettamento
Il lunettamento è una variante della tecnica precedente descritta e si utilizza per suoli a forte pendenza (β>45÷50%). Nella pratica vengono realizzati dei pianori indipendenti sostenuti da muretti a secco a forma di mezza luna.
Ciglionamento
Il ciglionamento è simile al terrazzamento ma con panchine inerbite. L’unità colturale di questa tipologia di terrazzamento è di forma non regolare, generalmente di modeste dimensioni, e presenta una leggera pendenza della lenza verso monte, di solito β=2÷3% verso monte. La scarpata, creata nella formazione del piano colturale, è continuativamente rivestita da cotica erbosa con un’inclinazione più lieve di quella dei terrazzamenti con muretti a secco. Il ciglionamento viene preferito là dove la matrice pedologica sia povera di scheletro e dove il clima favorisce un rapido inerbimento della scarpata.
Gradonamento
Nelle zone collinari e montane, a pendenza moderata ma assai difforme, si utilizza una forma particolare di terrazzamento detta gradonamento. I gradoni si adattano di volta in volta alle emergenze naturali della pendice, per questo lungo una stessa curva di livello la dimensione della lenza può variare, mantenendosi comunque su dimensioni più ampie dei valori medi delle terrazze, permettendo anche destinazioni a seminativo o a colture prative. A valle i ripiani sono sorretti da piccoli ciglioni o da muretti costruiti a secco col materiale di risulta dal dissodamento. Tipologicamente affini ai muretti del gradonamento vi sono quelli dei terrazzamenti con muretto sottoscarpa.
Scogliere
Si tratta di opere in cui vengono utilizzati massi di piccole e grandi dimensioni (0,5 – 1 m3) reperiti da cave o alveo, di solito in pietra calcarea o arenaria, per costituire un contenimento ad una ripa, ed in questo caso le scogliere assumono l’aspetto di veri e propri muri (muri a secco o a gravità) ed i suoi elementi sono disposti in maniera piuttosto regolare, oppure per mantenere la linea dell’argine di un fiume, contenere la spinta della terra lungo la sponda e rallentare l’erosione, ed allora sono di dimensioni maggiori e con gli elementi disposti in maniera più irregolare.
Gli spazi tra i massi possono essere intasati con calcestruzzo o terra, per favorirne la coesione. Gli elementi lapidei devono soddisfare i seguenti requisiti:
- provenire da abbattimenti di roccia
- non essere friabili o sfaldabili
- resistere al gelo
- non contenere sostanze solubili o residui organici
- non presentare parti alterate o facilmente rimovibili
- avere sufficienza resistenza sia allo stato bagnato che asciutto
- avere buona adesività a malte e cemento
- le pietre recuperate da vecchie murature devono essere puliti e lavate per poter essere riutilizzate
Le murature con elementi naturali si distinguono in due gruppi:
- muratura di pietrame a secco (muri a secco)
Il muro viene costruito assestando a mano i conci o pietre e rinzeppando i vuoti con scaglie di pietra
- muratura di pietra
- murature in pietra squadrata
- murature con paramento di pietra squadrata
- muratura di pietrame faccia vista
Altre tipologie di sistemazione
In terreni incoerenti e sottoposti a elevate attività erosive occorrono altri schemi di sistemazione:
- sistemazioni ad onda (per suoli molto incoerenti)
- sistemazione ad arginelli
- sistemazioni a ripiani raccordati
Sistemazioni ad onda
Si costituiscono con l’aratro degli arginelli che possono avere due funzioni:
- intercettazione e trattenuta
- intercettazione e deviazione
Lungo le curve di livello si di formano delle onde attraverso la costituzione degli arginelli, la cui parte depressa (bastorovescio) raccoglie le acque e le allontana.
Sistemazione ad arginelli
Viene utilizzata questa tecnica quando si è in presenza di suoli argillosi. Perpendicolarmente alla pendenza si costituiscono dei fossi drenanti sotterranei a cui si applicano le alberature.
Sistemazioni a ripiani raccordati
Vengono realizzati ripiani (rampe) con pendenze di 3-5% raccordate tra loro per i 2 estremi (superiore ed inferiore), così da formare un percorso a tornanti dove due rampe consecutive hanno pendenza opposta. I ciglioni sono triangolari e le scarpate sono inerbite.
Utilizzo di inerbimenti
L’utilizzo degli inerbimenti tecnici in campo agricolo ha evidenti vantaggi economici che derivano dal miglioramento della qualità del terreno. Tuttavia in alcune situazioni gli inerbimenti sollevano alcune problematiche ancora irrisolte, infatti, sembra che possano entrare in competizione con le piante di vite nei periodi secchi.
Set-aside
Per aumentare la qualità del terreno o preservare i terreni, sono previsti dei periodi di riposo del terreno agrario. Ovviamente sono previste sovvenzioni per gli agricoltori che decidono di abbandonare la coltivazioni dei propri terreni o che li trasformano destinandoli a scopi non agricoli. Le soluzioni agronomiche più importanti dei terreni a set-aside sono la copertura vegetale naturale o quella artificiale, con funzioni ambientali, paesaggistiche, faunistiche, biocide e mellifere.
Degradazioni per errata gestione del bosco
La copertura vegetale esercita una fondamentale azione protettiva e di tutela del suolo e del sottosuolo e quindi svolge un importante ruolo per la prevenzione dai fenomeni erosivi e di dissesto geologico-idraulico e per la di difesa dalle valanghe e dal vento che dalle piante viene intercettato, deviato e smorzato di intensità. I boschi o comunque i complessi vegetazionali, dotati di appropriate densità e buona ed integra complessità ecologica, sono capaci di garantire lo sviluppo e la conservazione di suoli forestali e, interagendo anche con il vento ed il ciclo dell’acqua, svolgono una funzione antierosiva e di regimazione dei flussi idrici soprattutto al livello del suolo, grazie alle sue carretteristiche di permeabilità e ritenzione idrica.
La regimazione dei flussi idrici
Gli strati di vegetazione (arborei, arbustivi, erbacei) che costituiscono un bosco integro sono in grado di modificare la circolazione idrica sia superficiale, sia sotterranea moderando moderando le portate massime di piena dei corsi d’acqua e prolungando di conseguenza i tempi di corrivazione.
Gli strati di vegetazione, che costituiscono un bosco integro (arboreo, arbustivo, erbaceo), insieme alla copertura caduca sono in grado, sia di ridurre la velocità delle gocce d’acqua in caduta sia di limitare e rallentare lo scorrimento superficiale, per poi intercettare una parte dell’acqua di precipitazione e dopo restituirne una quota attraverso l’evapotraspirazione. In caso di eventi piovosi modesti e di breve durata l’intercettazione può essere totale, mentre in caso di precipitazioni intense le percentuali di acqua trattenuta arrivano al massimo al 15% in funzione di specie, densità, ecc., fino a raggiungere la saturazione.
Caratteristiche protettive dei suoli forestali integri e della vegetazione
I suoli forestali capaci di contenere grosse quantità di acqua e lasciarla muovere lentamente al loro interno con un deflusso superficiale molto ridotto anche in occasione di piogge intense e comunque secondo un equilibrio adatto alla corretta regimazione, sono caratterizzati da una certa profondità e sono dotati di una struttura e da una porosità adeguatamente omogenea capace di, favorire l’infiltrazione, la conducibilità e la ritenzione idrica. Altrettanto importante è la funzione protettiva, rispetto all’erosione del suolo, svolta dalle radici delle piante, che possono bloccare volumi di terreno variabili da alcuni metri a molte decine di metri cubi per individuo, intrecciando le radici con quelle di individui adiacenti su differenti piani.
Effetti di un’errata gestione del bosco
E’ da considerare ad esempio che il taglio a raso provoca aumenti del deflusso compresi fra il 20 e l’80%, con incremento degli eventi di piena dal 50% al 100%, ma anche che l’intercettazione contribuisce in modo determinante a contenere l’erosione del suolo, riducendo l’azione battente della pioggia sul terreno che può essere
anche rilevante e disastrosa durante eventi meteorici di forte intensità.
Mentre l’azione esplicata dal bosco nel contenimento dell’erosione dipende da:
- azione frenante della vegetazione
- presenza della lettiera
- buona struttura ed elevata permeabilità del suolo,
la resistenza all’erosione del suolo dipende dalla resistenza degli aggregati al distacco e al trasporto e dalla stabilità della struttura.
L’azione stabilizzatrice sui versanti quindi deriva dalla interazione di molteplici
fattori di natura idrologica e meccanica, per cui è bene considerare
la foresta (o il bosco) come un sistema complesso formato in modo inscindibile da suolo
e vegetazione. Ecco perchè nella prevenzione dei dissesti idrogeologici
la copertura vegetale assume un ruolo essenziale, intesa in tutte le sue varie
articolazioni, passando dal bosco con terreni forestali evoluti, fino ad arrivare ai popolamenti arbustivi ed erbacei.
In conclusione la trasformazione a cui può essere sottoposta la copertura forestale influenza in modo determinante l’erosione del suolo. Le normali pratiche colturali legate a una selvicoltura naturalistica, se operate con correttezza, hanno un impatto modesto sull’idrologia del bacino. Infine è bene ricordare che il bosco d’alto fusto rappresenta la forma di controllo più efficace nei riguardi della difesa del suolo.
La deforestazione
Alcune attività umane in ambito forestale, compresa la pratica della deforestazione controllata che comunque contribuisce alla predisposizione dei fenomeni erosivi, non hanno grosso impatto sull’idrologia, anche se ne esistono alcune potenzialmente dannose. La maggior parte dei problemi connessi con i dissesti in ambiti forestali, compresi quelli di erosione accelerata, sono dovuti essenzialmente da:
- degradazione per cause naturali
- cattiva gestione del territorio rispetto alla realizzazione di infrastrutture viarie
- incendi.
Realizzazione di infrastrutture
La realizzazione delle infrastrutture, legate allo sfruttamento e al controllo da parte dell’uomo degli ecosistemi forestali, in particolare quelle viarie, sono da tenere in considerazione relativamente ai dissesti idro-geologici. La costruzione di strade e di vie d’esbosco, allorquando non sono realizzate secondo un piano coordinato e con appropriate tecniche costruttive, può determinare l’effetto che esse si comportino come linee preferenziali di drenaggio superficiale delle acque. Questo accade in genere quando il manufatto è realizzato su versanti ad elevata pendenza e su terreni prevalentemente impermeabili o poco permeabili. In presenza di forti volumi di deflusso, aumenta considerevolmente il pericolo di innesco di potenziali fenomeni di erosione e dissesto.
Anche le attività di raccolta del legno (taglio, trascinamento, carico e trasporto) possono comportare problemi ed innescare dissesti. Altre attività rischiose sono quelle attività ricreative che prevedono una fruizione della foresta senza una corretta programmazione e gestione dei luoghi (piste da sci, fuori strada, campeggio, ecc.)
La funzione del bosco nella protezione idrogeologica
L’efficacia di questa funzione è da mettere in correlazione con le condizioni ecologiche locali e dipende dalle caratteristiche della foresta, ossia da:
- composizione
- struttura
- densità
forme di governo e trattamento.
E’ facile comprendere come gli interventi per il mantenimento di questa efficacia dovranno prevedere:
- il rinfoltimento dei boschi radi
- il miglioramento dei boschi degradati
- le conversioni dei cedui in fustaie
- la scelta delle forme di trattamento più consone con la protezione del suolo e con la rinnovazione e l’evoluzione della foresta
- la lotta contro gli incendi boschivi
- l’assestamento dei soprassuoli su basi naturalistiche (ossia cercando di favorire il più possibile la vegetazione naturale potenziale)
Relativamente al ruolo svolto dalla copertura vegetale sulla stabilità dei versanti,
è necessario tener presente che in alcune condizioni la sua presenza può avere anche effetti negativi. Il bosco infatti agendo sui terreno con il suo peso ne aumenta la spinta del verso valle, quindi per quelli poco stabili e/o molto acclivi, può rappresentare un fattore che predispone ai fenomeni di dissesto geologico-idraulico, in particolare per quei movimenti in cui il distacco si verifica al di sotto del limite raggiunto dalle radici.
Anche questi effetti vanno ricondotti, in parte, all’incapacità dell’uomo di organizzare il presidio e la gestione di alcune zone del proprio territorio come appunto il bosco in particolare se questo è costituito da piante ad alto fusto (ceduo abbandonato o ceduo invecchiato) poichè le ceppaie spesso vengono caricate dai polloni oltremisura così da determinare problemi di equilibrio. Inoltre un’eccesiva biomassa vegetale sui pendii può portare al crollo di alcuni individui e all’innesco di movimenti franosi.
A ciò va aggiunta la capacità della vegetazione di trasmettere gli sforzi dinamici
esercitati dal vento al terreno, che sono in grado di innescare dei movimenti gravitativi,
con conseguenze difficilmente prevedibili.
Nei movimenti gravitativi che coinvolgono masse di notevoli dimensioni, come ad esempio le deformazioni gravitative profonde di versante, la presenza o meno della vegetazione può essere, considerata, ragionevolmente, ininfluente ai fini della stabilità.
Degradazioni per pascolamento
Pascolo libero e pascolo controllato
Le tecniche di pascolamento adottabili in alpeggio si possono ricondurre a
due modalità:
- il pascolo libero (brado o semibrado o vagante), dove il bestiame non
ha (o ha poche) restrizioni di movimento - l pascolo controllato (o guidato, o disciplinato) che comprende i sistemi di pascolo razionato, a rotazione e le loro varianti, dove le mandrie sono invece sottoposte a confinamento.
Il pascolo libero in alpeggio può essere applicato con i bovini senza eccessivi inconvenienti solo in situazioni particolarmente propizie di giacitura dei terreni e di pabularità delle cotiche, pressoché irrintracciabili nelle malghe alpine, oppure su aree molto estese e degradate, con animali molto rustici. Diversamente determina tutta una serie di effetti negativi sugli animali e sulle cotiche, così riassumibili:
- modeste assunzioni alimentari
- elevato dispendio energetico dell’attività locomotoria
- accentuazione degli squilibri nutritivi della razione
- spreco di foraggio
- deterioramento del pascolo
- sentieramenti e compattamento del suolo
- danni a fitocenosi di valore naturalistico
- interazioni della fauna selvatica
Modeste assunzioni alimentari
L’ingestione è penalizzata non solo dal tempo che l’animale dedica all’attività locomotoria ma anche dal fatto che il bestiame si trova frequentemente a pascolare ove lo sviluppo del manto erboso, in altezza e densità, è incompleto.
Elevato dispendio energetico connesso all’attività locomotoria
La deambulazione comporta alti consumi energetici, in particolare nelle bovine
adulte (0.4-0.7 litri di latte per km di cammino), secondo le condizioni ambientali (quota altimetrica, acclività del terreno, ostacoli fisici, etc) con conseguente danno non solo di tipo economico. Particolarmente penalizzate sono le buone lattifere, che già in condizioni favorevoli raramente riescono ad assumere quantitativi di foraggio sufficienti a coprire il
fabbisogno calorico. Questo scompenso energetico ha riflessi negativi sul peso vivo, sullo stato sanitario e su quello riproduttivo.
Accentuazione degli squilibri nutritivi della razione
Anche la razione di solo pascolo denuncia ordinariamente qualche sbilanciamento nutritivo, in particolare nei rapporti tra proteina, fibra e concentrazione energetica nei foraggi troppo giovani o troppo vecchi. Tali squilibri sono aggravati dall’utilizzo intempestivo dell’erba: il consumo precoce delle buone foraggere incrementa la densità nutritiva e proteica della dieta di inizio stagione. Il consumo tardivo delle specie di minor valore pabulare rende invece quella di tarda stagione voluminosa, poco appetita e poco digeribile.
Spreco di foraggio
L’azione del calpestio porta ad uno spreco di erba consistente considerando che una bovina adulta arriva a calpestare fino 60 m2 per km di cammino. Nello spreco va anche ritenuto lo sfruttamento intempestivo del pascolo, pregiudizievole per l’espletamento di tutto il potenziale foraggero.
Deterioramento del pascolo
Nel pascolo libero gli animali vanno anzitutto a scegliere le specie più appetibili, che sono recise ripetutamente e in fase precoce, a danno dei ricacci e della fase riproduttiva. La flora indesiderata è invece consumata solo in parte ed in un secondo momento, quando ha già accumulato sufficienti scorte al colletto e nelle radici ed ha già prodotto i semi.
Un’altra causa di deterioramento del suolo sta nell’aumento dell’erba residuale.
In zone di montagna allettandosi sotto il peso della neve e decomponendosi, questa formerà nell’inverno uno strato di materiale piuttosto compatto e continuo, deleterio per l’emergenza primaverile delle specie pregiate.
Infine occorre considerare l’azione di veicolamento e diffusione tramite le feci e gli zoccoli dei semi delle specie dannose e l’impossibilità a fertilizzare in modo corretto e omogeneo le superfici.
Sentieramenti e compattamento del suolo
Nelle zone di maggior transito animale il suolo si compatta e diviene asfittico, mentre la copertura erbosa si degrada fino a scomparire. Si formano così dei camminamenti che nei versanti più impervi seguono le curve di livello e raccogliendo l’acqua di scorrimento superficiale possono degenerare in veri e propri fenomeni erosivi.
Danni a fitocenosi di valore naturalistico
Nei periodi siccitosi, gli animali possono visitare le zone umide (Erioforeti, Cariceti, Tricoforeti, Molinieti). Sono, queste, ecosistemi di elevato valore naturalistico, con specie vegetali e animali tipiche. Attraverso deposizioni di torba, tendono lentamente ad interrarsi, evolvendo verso situazioni più xeriche, con riduzione della biodiversità e della varietà del paesaggio. Il bestiame accelera il processo, traendo oltretutto poco giovamento dal consumo di specie di scarso significato foraggero.
Interazioni con la fauna selvatica
Esistono rischi di competizione alimentare con gli ungulati selvatici e, per gli ovi-caprini, anche di ibridazioni e trasmissione incrociata di malattie. Le frequentazioni ed i passaggi in aree ecotonali possono arrecare disturbo ai tetraonidi (es. gallo cedrone) in fase di riproduzione e schiusa delle uova.
Al pascolo vagante non si può riconoscere nemmeno un effettivo alleggerimento del carico lavorativo. La dispersione degli animali può complicare, infatti, l’operazione di raggruppamento della mandria per la mungitura, soprattutto nelle malghe estese, impervie e poco servite dalla viabilità interna, al punto da non rendere così scontato un effettivo risparmio di manodopera.
Per tutti questi motivi l’adozione di sistemi di pascolo controllato è dunque da ritenersi oggi la scelta più vantaggiosa, sia dal punto di vista della produttività che della difesa del suolo.
Il sovrappascolamento
Se si verificano situazioni di sovrappascolo, ovvero di eccessivo carico di bestiame in un pascolo, si possono determinare molteplici alterazioni nel sistema suolo-vegetazione, sia per l’eccessivo calpestamento, sia per l’intenso consumo di vegetazione che comporta la distruzione continua dei ricacci e del novellame che la dovrebbe ripristinare.
Il sovrappascolo, inoltre, causa il cambiamento del profilo del suolo: l’orizzonte più superficiale viene degradato e arricchito di letame determinando modifiche nella composizione e nella struttura.
Come già detto infatti nelle zone di maggior transito animale il calpestio altera le normali caratteristiche strutturali e di porosità del suolo, in particolare nelle zone più umide e si verifica il fenomeno della compattazione, la copertura erbosa si degrada e si riduce di conseguenza la capacità di infiltrazione. I percorsi degli animali formano dei camminamenti o dei sentieri a fondo impermeabile che diventano direttrici preferenziali di scorrimento delle acque di deflusso superficiale ed in cui il ruscellamento può innescare dei veri e propri fenomeni erosivi, anche di notevole intensità.
Se questi processi si verificano in un ambiente fragile, in precarie condizioni di equilibrio, ad essi si possono associare fenomeni d’instabilità dei versanti, generalmente caratterizzati da movimenti superficiali lenti, quali soliflussi o reptazioni.
La presenza della copertura vegetale invece può esercitare un’importante azione di protezione del suolo e di stabilizzazione dei versanti poichè riduce l’azione battente della pioggia e l’entità del ruscellamento superficiale, apporta sostanza organica che facilita l’infiltrazione nel suolo e lo rende strutturalmente più stabile.
In alcune condizioni le radici svolgono un’azione fisica di ancoraggio del suolo o
del sottosuolo.
Il sovrapascolamento determina una diminuzione della velocità di accumulo della sostanza organica nel suolo, in concomitanza della diminuita produttività del pascolo. Ciò è dovuto alla variazione della composizione di specie, con sostituzione delle specie originarie con specie più tipiche di una intensa frequentazione animale (nitrofile), e al minor contributo della lettiera (residui organici prevalentemente vegetali, intatti o poco trasformati, disposti sulla superficie del suolo).
Il pascolo in foresta contribuisce alla difesa dagli incendi poiché concorre a tener pulito il sottobosco.
Il pascolo è andato via via perdendo l’originale rilevanza produttiva a causa crisi della zootecnica e dell’abbandono della montagna. Tuttavia è aumentata la consapevolezza del suo ruolo rispetto alla salvaguardia della biodiversità e al suo contributo alla determinazione del valore estetico del paesaggio.
La corretta gestione dei pascoli per la prevenzione dei fenomeni di erosione del suolo
Una razionale gestione dei pascoli contribuisce a tenere sotto controllo l’impatto che esso ha sul territorio e permette un’appropriata funzione di conservazione del suolo. Ciò si realizza attraverso:
- il mantenimento della cotica erbosa e di un buon livello vegetativo
- il contenimento dei fenomeni di degrado
- l’adeguamento della produttività
Gli impatti sul suolo per sovrappascolo possono essere controllati mediante il ricorso a pratiche tipo il riposo pascolativo e il controllo del carico di bestiame in base alla produttività del pascolo. E’ pertanto di fondamentale importanza:
- conoscere le caratteristiche dell’area soggetta a pascolo ed in particolare:
- il carico massimo di animali che una essa può sostenere e fare riferimento agli indici di pascolamento attuale (Actual Stocking Rate, ASR) e di pascolamento sostenibile (Sustainable Stocking Rate, SSR), calcolati tenendo conto del tipo, del numero e delle caratteristiche fisiologiche dei capi e della durata del pascolo.
- stabilire il piano di pascolamento, che fornisce indicazioni su:
- carico di bestiame teorico
- organizzazione della mandria
- tempo di permanenza della mandria nei lotti di pascolo
- disegno dei lotti
- processione nell’utilizzo dei lotti.
Per una buona gestione dei pascoli è importante inoltre:
- la semina di specie miglioratrici
- le concimazioni
- il diserbo
- l’irrigazione
- la fertirrigazione
Piano di pascolamento
Gli obbiettivi del piano di pascolamento sono:
• massimizzare i livelli di ingestione dell’animale
• massimizzare il rendimento energetico della razione in termini di latte e carne
• conservare o migliorare la qualità foraggera delle cotiche, preservandone la
biodiversità specifica;
• ridurre il calpestio, i sentieramenti e i fenomeni di erosione superficiale
• recuperare eventuali fitocenosi degradate
• salvaguardare le formazioni vegetali di valore naturalistico
• contenere l’avanzata della brughiera e del bosco
• limitare le interazioni con la fauna selvatica.
Nello studio del piano di pascolamento si effettuano principalmente i seguenti tipi di indagini preliminari:
- indagine vegetazionale
- indagine geo-pedologica
- indagine agro-zootecnica
Indagine vegetazionale
Vengono identificate le tipologie di pascolo, caratterizzandole sotto il
profilo naturalistico e agronomico. Innanzitutto si effettuano i rilievi floristici, secondo i seguenti metodi:
- metodo fitosociologico (approccio più naturalistico)
- fitopastorale (approccio più agronomico).
Le fitocenosi vengono caratterizzate attraverso:
- indici ecologici
- indici foraggeri
- fenologia
- produttività
Con i dati raccolti vengono prodotte delle carte tematiche.
Indagine geo-pedologica
Ha lo scopo di descrivere i suoli nella loro tipologia, fertilità, idromorfia, posizione e acclività e stato della superficie rispetto alla presenza di pietre, rocce affioranti, fenomeni erosivi e di dissesto. Tale indagine fornisce informazioni che portano alla stesura di una carta dell’attitudine dei terreni al pascolamento.
Indagine agro-zootecnica
Rileva la viabilità interna all’alpe, i fabbricati, le risorse idriche, i punti d’abbeverata, la consistenza e la tipologia del bestiame.
Il piano costituisce una base teorica di partenza, che tuttavia necessita di verifica pratica. La sua applicazione può del resto modificare progressivamente le prerogative floristiche e
produttive del pascolo, obbligando quindi ad un lavoro di calibrazione che si protrae per qualche stagione.
Indice di utilizzazione del pascolo (IUP)
Definisce la quota di biomassa utilizzata dagli animali rispetto a quella disponibile. E’ questo un valore che dipende:
- carico di bestiame
- disponibilità, appetibilità e valore nutritivo del foraggio
- modalità di pascolamento.
IUP è direttamente proporzionale al carico e alla qualità del pascolo ed inversamente proporzionale alla disponibilità di erba. Tende a crescere da sistemi di governo vaganti a sistemi controllati. Da quote del 20-30% o meno nei sistemi liberi, con carichi blandi e scarso pregio pabulare delle cenosi si può salire al 70-80% e oltre nei sistemi controllati, con carichi e pabularità elevate e cotiche basse.
Tale parametro interferisce con:
- la biodiversità specifica
- il livello di ingestione alimentare
- qualità dei prelievi
Degradazioni dovute ad attività estrattiva
Le modalità con cui sono state intraprese le attività estrattive nei tempi passati ed in alcuni casi in epoche recenti, non hanno tenuto conto della salvaguardia ambientale. Tali attività, asportando strati di suolo e roccia, comportano modificazioni, spesso irreversibili a:
- paesaggio naturale
- morfologia dei luoghi
- circolazione e qualità delle acque superficiali e sotterranee
- stabilità dei versanti
- meccanismi di erosione superficiale
In effetti, durante la “vita” di una cava o di una miniera viene senz’altro modificato il paesaggio naturale e comunque interrotta la continuità vegetazionale e morfologica esistente e modificata la circolazione idrica (superficiale e sotterranea).
Per prevenire i fenomeni di instabilità diventa essenziale la messa in sicurezza del fronte di cava, in particolare dopo il suo esaurimento e se il fronte stesso non ha subito un idoneo modellamento.
Le variazioni della morfologia dei versanti inducono modifiche all’andamento, non solo del reticolo idrografico superficiale ma anche alla circolazione sotterranea con conseguenti possibili riduzioni della portata e dei livelli di sorgenti e falde, richiamo delle acque sotterranee e rapido svuotamento dei serbatoi sotterranei.
Il degrado può derivare dall’innesco o dalla ripresa di fenomeni franosi o erosivi, causati da:
- modifiche della rete drenante
- modificazioni della circolazione delle acque sotterranee
- variazioni della destinazione d’uso dei suoli
- modificazioni della fertilità dei suoli stessi.
L’eccessiva estrazione dagli alvei fluviali di materiale per inerti, quando altera il
profilo d’equilibrio dei corsi d’acqua, può causare profonde perturbazioni al regime
di erosione e di trasporto solido. Le conseguenze possibili influiscono su:
- la stabilità dei pendii poiché l’approfondimento degli alvei, per aumento dei
fenomeni erosivi, può determinare lo scalzamento alla base dei versanti, che
predispone ai fenomeni di dissesto - la stabilità dei manufatti situati lungo i corsi d’acqua (es. eccessivi fenomeni erosivi scavano alla base delle pile o delle spalle dei ponti)
- il regime dei litorali poiché modifica la quantità di apporto solido che viene
trasportato alla foce dei fiumi.
Una conseguenza di un’attività estrattiva prolungata nel tempo è la formazione lungo i versanti di accumuli di detriti di scarto la cui caratteristica è quella di presentare gradazione diretta e scarsa coesione. Tali accumuli di materiale vengono interessati spesso da fenomeni erosivi e da movimenti gravitativi (es. scorrimenti traslativi e rotazionali, crolli, colamenti e debris flows).
Prevenzione degli effetti negativi delle attività estrattive
Per ridurre gli effetti ambientali negativi delle attività estrattive, risulta necessario
che i singoli insediamenti siano dotati di idonei progetti di sfruttamento, i quali, pur
considerando le esigenze produttive, rendano possibili efficaci interventi di recupero
ambientale.
In siti estrattivi ubicati in ambiti montani o collinari rappresentati da versanti, a
volte molto acclivi, lo sfruttamento dovrebbe garantire la sicurezza nel corso dei
lavori e la stabilità finale dell’area. Inoltre, una buona regimazione delle acque
superficiali concorre ad una ordinata conduzione dei lavori e ad un sicuro assetto
definitivo dell’area. A tal proposito gli impluvi naturali, dovrebbero essere tendenzialmente
salvaguardati e mantenuti efficienti.
Interventi di prevenzione del degrado a “fine vita”
Terminata l’attività di estrazione, bisogna affrontare l’aspetto del recupero ambientale del sito interessato.
Le azioni di recupero si devono prefiggere principalmente i seguenti obbiettivi:
- la salvaguardia dell’incolumità pubblica e privata
- il ripristino degli equilibri naturali alterati.
I livelli di intervento utilizzabili a questo scopo sono:
- la sistemazione (quando non vi sia una destinazione d’uso finale)
- il ripristino (se l’uso finale del sito coincide con la situazione preesistente)
- il recupero (se l’uso finale dell’area differisce da quello iniziale).
Fonti: APAT
LA GESTIONE DELLE SISTEMAZIONI IDRAULICO-AGRARIE NEL MONTE PISANO – Comune di Calci
Testi
Aspetti agronomici e pedoclimatici nelle trasformazioni del paesaggio Simone Orlandini, Marco Napoli Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente (DISPAA) – Università di Firenze simone.orlandini@unifi.it
La gestione delle sistemazioni idraulico agrarie nel Monte Pisano a cura del Laboratorio di ricerca Land Lab della Scuola Superiore S.Anna di Pisa)
Il piano di pascolamento: strumento fondamentale per una corretta gestione del pascolo
Gusmeroli F. Fondazione Fojanini di Studi Superiori, Sondrio
Appunti: Università degli Studi di Milano – Facoltà di agraria (1 aprile 2009)
link: www.georocce.it